Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
07 - 13 Ottobre 2007
Tempo Ordinario XXVII, Colore verde
Lezionario: Ciclo C | Anno I, Salterio: sett. 3

Commento alle Letture

Lunedì 08 ottobre 2007

Che cosa fare per avere la vita eterna?

Un dottore della legge vuol mettere alla prova Gesù; così gli pone una domanda che può essere una domanda fondamentale anche per noi: cosa fare per ottenere la vita eterna? Dopo è Gesù che vuol mettere alla prova lo stesso dottore della legge sulla sua conoscenza della Legge di Dio. Il confronto continua poi su come interpretare la stessa Legge che Dio aveva dato a Mosè per il suo popolo. Con la parabola del buon samaritano, di nuovo Gesù ribalta il pensiero del dottore quando questi gli chiede chi sia il suo prossimo. Gesù chiede di farsi prossimi a chi chiede o semplicemente ha bisogno dell'aiuto. Il prossimo non è una categoria astratta ma richiede movimento; il movimento del cuore che ci spinge ad avvicinarsi senza pregiudizi a qualsiasi persona abbia bisogno di aiuto. Gesù invita a vedere in tutti i bisognosi il "prossimo" da aiutare, al di fuori da ogni schema e pregiudizio. Con questa parabola Gesù evidenzia il nucleo centrale della fede e della vita cristiana. Senza l'amore verso il prossimo e senza il prodigarsi per esso non possiamo dirci dei veri cristiani. Il sacerdote e il levita della parabola, per motivazioni diverse, avevano trovato, in cuor loro, scuse "attendibili" per non aiutare quell'uomo incappato nei briganti. Solo il samaritano, uno considerato addirittura un nemico, aveva pensato che tutti gli affari che lo attendevano potevano ritardare per prestare il soccorso al povero malcapitato. Possiamo capire bene qual'è l'insegnamento di Gesù. L'amore per il prossimo è quello che ci dovrebbe identificare come cristiani. Il tempo usato per la carità, quella vera e sincera non è mai sprecato o rubato per altre occupazioni, è tempo donato a Dio. Carità vere e sincera significa che deve essere praticato oltre ogni pregiudizio e convenzione; a volte quanto è difficile per noi questo! Vorrei però sottolineare dalla richiesta iniziale del dottore della legge: il conseguimento della vita eterna. In ogni nostra azione dovremo sempre tenere a mente che è tutto predisposto per la nostra salvezza. I gesti di amore e carità aiutano e sollevano il prossimo; la nostra fede però ci suggerisce che il primo beneficiario della carità è chi la pratica. Gesù non guarda solo ad opere di giustizia sociale, opportune per tante parti del mondo; Egli guarda più in profondità e la carità praticata nel nome di Cristo ha un valore aggiunto che il pegno per la vita eterna.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Se fai il tuo lavoro manuale nella cella e viene l'ora della preghiera, non dire: «Finirò i miei ramoscelli e il piccolo cesto e dopo mi alzerò», ma alzati subito e rendi a Dio il debito della preghiera; diversamente prenderai a poco a poco l'abitudine di trascurare la tua preghiera e il tuo Uffizio e la tua anima diventerà deserta di ogni opera spirituale e corporale. Poiché è dall'alba che si mostra la tua volontà.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

I FRATELLI INFERMI

La cura degli infermi è da mettere prima di tutto e al di sopra di tutto, in modo che ad essi si serva davvero come a Cristo in persona, perché egli ha detto: «Ero malato e mi avete visitato» (Mt 25,36); e ancora: «Quel che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). Gli infermi, da parte loro, devono essere consapevoli che sono serviti in onore di Dio e non affliggere con eccessive pretese i fratelli che li assistono; tuttavia essi devono essere in ogni caso sopportati con pazienza, perché attraverso di loro si acquista una maggiore ricompensa. L'abate pertanto abbia la massima premura che i malati non siano trascurati in nessun modo.

Cap.36,1-6.