Nei Vangeli, raramente è lo stesso Gesù che spiega il significato delle sue stesse parabole; così ognuno di noi sarà in grado di poterne trovare quei valori esortativi per rispondere alla chiamata del Signore. Nel momento in cui Gesù fornisce un significato alla parabola, questa assume, allora un valore oggettivo veramente pregnante. Nella parabola del seminatore, allora Gesù, ci fornisce una chiave di lettura che ci invita ad una riflessione profonda per una vera conversione. Il seminatore sparge il seme su tutti i terreni è la figura che Gesù usa per indicare la Parola di Vita che Egli stesso ci dona in abbondanza. La mancanza dei frutti, dei frutti buoni che derivano dall'ascolto della sua Parola, non nasce dal poco seme seminato. Il seme è senz'altro buono ed è capace di dare buon frutto; il seminatore non si stanca mai di diffonderlo sui terreni. Quello che fa la differenza è la capacità del terreno ad essere fecondo. I quattro tipi di terreno diverso della parabola indicano le diverse disposizioni, interiori ed esteriori, con i quali possiamo accogliere la Parola di Dio. Sulla strada il seme rotola via senza neanche germogliare: rappresenta il cuore duro e freddo insensibile alla Parola che neanche vuole sentirla. Il seme germogliato tra le rocce e che muore subito, rappresenta l'accoglienza superficiale della Parola di Dio che non riesce ad attecchire. Alla prima gioia dell'annuncio, allora non corrisponde un cambiamento della vita e quindi la Parola stessa muore facilmente. Il seme che riesce a germogliare tra le spine rappresenta la Parola di Dio che non riesce a farsi strada nelle diverse difficoltà della vita. L'autore della Lettera agli Ebrei parla di una fede non matura perché crede in Gesù e nel suo Mistero ma non lo considera inserito pienamente nella propria vita. Il germoglio, così soffocato non produce frutto. Il seme che trova il terreno fecondo rappresenta i frutti della Parola di Dio accolta da un cuore buono e perfetto. Il seme che muore, dice Gesù, produce molto frutto, così la Parola vissuta nel Mistero della croce e risurrezione produce i frutti per la vita eterna.
Si domandò al nostro santo padre Atanasio, l'arcivescovo di Alessandria: «In qual modo il Figlio è uguale al Padre?». Rispose: «Come la vista nei due occhi».
LE COLPE PIÙ GRAVI Il fratello invece che si macchia di colpe più gravi venga escluso sia dalla mensa che dall'oratorio. Nessuno dei fratelli abbia alcun rapporto con lui, né gli rivolga la parola. Egli se ne stia solo al lavoro che gli è stato assegnato mantenendosi nell'afflizione della penitenza, memore di quella terribile sentenza dell'apostolo che dice: «Un tal individuo sia consegnato alla morte della carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore» (1 Cor 5,5). Prenda il cibo da solo, nella misura e nell'ora che l'abate giudicherà più opportuna per lui. Nessuno incontrandolo lo benedica e non sia benedetto neppure il cibo che gli viene dato.