Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
24 - 30 Giugno 2007
Tempo Ordinario XII, Colore verde
Lezionario: Ciclo C | Anno I, Salterio: sett. 4

Commento alle Letture

Sabato 30 giugno 2007

Accogliere, ospitare, essere per...

La prima lettura che la liturgia ci propone oggi ci dà una lezione di ospitalità e mette in luce il valore profondo che Dio le attribuisce. Abramo «nell'ora più calda del giorno», riposa tranquillo all'ingresso della tenda. Certamente non avrebbe nessuna voglia di scomodarsi. Eppure «appena li vide, dice l'autore sacro, a proposito dei tre ospiti giunti in modo misterioso, corse loro incontro, si prostrò fino a terra...». E li supplica di fermarsi presso di lui «per un boccone di pane». Per lui è bello accogliere questi uomini che non ha mai visto, e si dà premurosamente da fare, dà ordini a Sara e serve loro un pasto generoso. E la più squisita ospitalità: premurosa, modesta, generosa. E la narrazione ci dice che è il Signore stesso che Abramo accoglie e rifocilla e che, prima di allontanarsi da lui, gli promette un figlio, contro ogni possibilità umana. Ma «c'è forse qualche cosa impossibile per il Signore?». L'ospitalità, valore sommamente coltivato in Oriente, ha in Abramo il suo modello religioso e diventa, nel Nuovo Testamento, un valore cristiano, al quale Gesù promette una grande ricompensa: «Chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto». Il nostro Santo Padre San Benedetto, insegna i suoi monaci e con stupenda concisione, scrive nella Regola: «Hospes venit, Christus venit». Accogliere gli altri ci dà la certezza di ricevere Cristo stesso. E c'è, per dire così, la più grande delle «accoglienze»: ricevere Gesù, come egli vuol essere ricevuto. Marta si era data un gran daffare per ricevere Gesù, ma fu Maria ad accoglierlo come egli desiderava: lei che, seduta ai suoi piedi, ascoltava la sua parola. Gesù può anche voler essere accolto in un modo ancora più profondo: accogliendo nella nostra carne le sue sofferenze, a favore della sua Chiesa, per completare la sua opera di redenzione, come scrive Paolo ai Colossesi. Chiediamo la grazia di essere pronti ad accoglierlo sempre come egli vuole, con riconoscenza e umiltà. (PQP.AV.)


Apoftegmi - Detti dei Padri

Il padre Teoflo arcivescovo si recò un giorno al monastero. I fratelli riunitisi dissero al padre Pambone: "di' al papa una parola di edificazione". L'anziano rispose: "se il papa non è edificato dal mio silenzio non potrà esserlo dalle mie parole".


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

NON TUTTE LE NORME PER LA PERFEZIONE SONO CONTENUTE IN QUESTA REGOLA

Questa Regola noi l'abbiamo tracciata perché, osservandola nei monasteri, diamo una qualche prova di buoni costumi e di un inizio almeno di vita monastica. Per chi però vuole affrettarsi verso la perfezione della vita monastica, ci sono gli insegnamenti dei santi padri, la cui osservanza conduce l'uomo al culmine della santità. Quale pagina infatti o quale parola di autorità divina sia dell'Antico che del Nuovo Testamento non è norma sicurissima di condotta per la vita umana? O quale libro dei santi padri cattolici non insiste perché si corra per la via diritta verso il nostro Creatore? Così pure le Collazioni dei padri, le Istituzioni, le loro Vite e ancora la Regola del nostro santo padre Basilio, che altro sono se non strumenti di virtù per monaci fervorosi e obbedienti? Ma per noi, monaci svogliati, cattivi e negligenti, tutto ciò è motivo di rossore e di vergogna.

Cap.73,1-7.