Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
25 - 31 Marzo 2007
Tempo di Quaresima V, Colore viola
Lezionario: Ciclo C, Salterio: sett. 1

Commento alle Letture

Venerdì 30 marzo 2007

Per quali delle opere volete lapidarmi?

Il grido di disperazione e di implorazione di Geremia richiama la situazione affrontata da Gesù nell'imminenza della passione. I persecutori non rimarranno impuniti. Oltre il destino politico, il profeta invita alla lode: "Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori". Nel momento della prova, il giusto sofferente esprime la sua fede: "Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori cadranno e non potranno prevalere". Anche quando la vita quotidiana si fa difficile, il credente si appoggia su Dio, perché avverte il valore della sofferenza nell'ambito della redenzione e della salvezza. La sofferenza si trasforma in preghiera: "Nell'angoscia t'invoco: salvami, Signore".
Per il vangelo di S. Giovanni, l'opposizione di alcuni giudei non si estingue. Nel brano odierno del Vangelo si criticano le opere di Gesù e in particolare la sua affermazione di essere figlio di Dio: questa sarebbe una bestemmia meritevole di lapidazione. Ogni tentativo di far ragionare, risulta inefficace. In seguito, Gesù torna alle sue origini ministeriali: "nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò". In quel luogo, in cui era nata la vocazione dei primi discepoli, l'evangelista annota: "in quel luogo molti credettero in lui". Tornare alle origini, significa ricuperare il fermento iniziale e sentire nuovamente il messaggio di conversione e di fede proclamato da Giovanni Battista e dallo stesso Gesù.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Fu domandato a un anziano: «Come avviene che io mi scoraggi senza tregua?». «Perché non hai ancora visto la meta», rispose.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE IL CELLERARIO DEL MONASTERO

Come cellerario del monastero sia scelto uno dei membri della comunità che sia saggio, maturo, sobrio, non mangione, non superbo, non turbolento, non insolente, non gretto, non prodigo, ma pieno di timor di Dio e che sia come un padre per tutta la comunità. Abbia cura di tutti; non faccia nulla senza il consenso dell'abate; si attenga agli ordini ricevuti. Non contristi i fratelli; se per caso uno di loro gli chiede qualcosa fuori posto, non lo rattristi respingendolo con disprezzo, ma con buone ragioni e con umiltà dica di no alla sua richiesta inopportuna. Abbia cura della propria anima, memore sempre di quel detto dell'apostolo che chi avrà ben servito si acquisterà un grado onorifico (1 Tm 3,13). Riservi ogni premura con la massima sollecitudine specialmente agli infermi, ai fanciulli, agli ospiti e ai poveri, ben sapendo che di tutti questi dovrà rendere conto nel giorno del giudizio.

Cap.31,1-9.