L'odierna solennità, fissata tradizionalmente al 25 marzo, giorno impegnato dalla liturgia della quinta domenica di Quaresima, si sostituisce al Lunedì della quinta settimana di Quaresima.
Nella prima lettura l'oracolo comunicato ad Acaz, re di Israele, trasmette una promessa di Dio: "Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele: Dio con noi". La storia della salvezza si evolve in modo inatteso e stupendo: Dio con noi, cioè Dio promette di stare con l'umanità, grazie al parto di una vergine. "Eccomi, Signore, si compia in me la tua Parola". Avviene in questo modo un evento straordinario, inaudito; le antiche promesse fatte ad Abramo e agli altri patriarchi ricevono una realizzazione imprevedibile. Tutto è orientato verso quella nuova presenza di Dio, con una collaborazione personale e responsabile di una giovane donna. In quel giorno il Messia è concepito; più tardi il vangelo di Giovanni affermerà: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Giov.1,14). Nella seconda, la lettera agli Ebrei descrive l'impegno del Messia: "Ecco io vengo per compiere, o Dio, la tua volontà". Gesù è entrato nel mondo per obbedienza, per sacrificarsi per l'umanità; il suo sacrificio è capace di santificare i credenti, dopo averli portati alla risurrezione. "Gloriia a te, o Cristo, Verbo di Dio". Nel brano di evangelico di Luca, si narra l'evento sacro dell'annunciazione. "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te". Maria, giovane donna, riceve la notizia travolgente di un parto che porta a compimento le promesse fatte da Dio a Davide (Gesù entra nella discendenza di Davide attraverso S. Giuseppe). Quella inattesa novità del parto verginale è opera esclusiva di Dio; l'unico aspetto umano è il consenso di Maria. L'accettazione di Maria è in sintonia con il fermo proposito di Gesù affermato dalla seconda lettura odierna. Dio ha compiuto quelle opere decisive per la sorte dell'umanità, grazie all'umiltà fiduciosa di esseri umani privilegiati.
L'abate Amun disse: «Sopporta ogni uomo come Dio ti sopporta».
COME L'ABATE DEVE ESSERE PREMUROSO VERSO GLI SCOMUNICATI L'abate dunque deve avere la più grande premura e preoccupazione con ogni accortezza e diligenza per non perdere nessuna delle pecore a lui affidate. Sappia che si è assunta la cura delle anime inferme, non il dominio su quelle sane; e tema la minaccia del profeta per bocca del quale il Signore dice: «Ciò che vedevate grasso, lo prendevate; ciò che invece era debole, lo gettavate via» (Ez 34,3-4). E imiti il gesto di tenerezza del buon pastore il quale, lasciate sui monti le novantanove pecore, andò alla ricerca di quell'unica che si era smarrita; ed ebbe tanta compassione della sua debolezza che si degnò di caricarsela sulle sue sacre spalle e così riportarla al gregge (cf. Lc 15,4-5).