Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
14 - 20 Maggio 2006
Tempo di Pasqua V, Colore bianco
Lezionario: Ciclo B, Salterio: sett. 1

Commento alle Letture

Mercoledì 17 maggio 2006

Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto.

Gesù usa spesso il termine "rimanere". È una condizione che diventa preziosa perché vuole intima unione; vuol dire condivisione e partecipazione. Gesù rimanendo in noi non annulla la sua divinità. La sua natura divina non diminuisce per questo gesto di accoglienza e di apertura. Gesù che rimane in noi significa la possibilità di diventare suoi veri discepoli. È l'accoglienza dell'opera di grazia dello Spirito Santo. È docilità alla sua Voce; unico ad avere Parole di vita eterna. Gesù che rimane in noi informa la nostra vita di un amore che non ha confini. Gesù che rimane è uno stato che pregusta la gloria eterna, quando Dio ci sarà rivelato completamente. Nel Mistero Pasquale abbiamo la possibilità vera che Gesù rimanga in noi. Vi è anche l'operazione inversa. Noi che rimaniamo in Gesù. Non è atto di orgoglio; non è appropriarsi di un qualcosa che non ci appartiene. Nel Mistero dell'Incarnazione Gesù diventa nostro fratello. Noi posiamo rimanere in Lui proprio perché Egli ha voluto assumere la nostra natura. Rimanere in Gesù diventa allora riconoscere in Lui il nostro maestro e modello di vita. L'amore, la misericordia, la dolcezza del suo agire sulla terra ci indicano concretamente come poter rimanere in Lui e nel suo amore. Preghiamo perché possa diventare per noi fonte di conversione vera.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un fratello andò da un eremita e uscendo dalla sua cella disse: Perdonami, o padre, perché ti ho impedito di adempiere alla tua regola. Quello rispose dicendogli: La mia regola è di accoglierti in modo ospitale e di farti andare in pace.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

VESTI E CALZATURE DEI FRATELLI

Ai fratelli si diano vesti secondo le condizioni e il clima dei luoghi dove risiedono, perché nelle regioni fredde si ha bisogno di più, in quelle calde di meno. Giudicare di questo spetta all'abate. Comunque noi pensiamo che nelle regioni a clima temperato siano sufficienti a ciascun monaco la tunica, la cocolla, una di pelo per l'inverno e una di stoffa liscia o consumata per l'estate e lo scapolare per il lavoro; le calze e le scarpe per i piedi. Quanto poi al colore o alla qualità degli indumenti, i monaci non vi facciano troppo caso, ma si accontentino di ciò che si trova nel territorio dove abitano o di quel che si può acquistare a minor prezzo. L'abate però si preoccupi della misura delle vesti, che non siano troppo corte per chi le deve indossare, ma di taglia giusta.

Cap.55,1-8.