Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
19 - 25 Febbraio 2006
Tempo Ordinario VII, Colore verde
Lezionario: Ciclo B | Anno II, Salterio: sett. 3

Commento alle Letture

Giovedì 23 febbraio 2006

La fede...

Quello di oggi è un Vangelo duro ed è molto esplicito. Vi è un invito forte che è un richiamo alla nostra responsabilità. È uno sguardo sulla fede vera ed autentica; lontana da quella fede che diventa una prerogativa esclusiva per pochi eletti. Diventa una fede distorta perché intesa come una realtà statica che può realizzare steccati profondi. Con la pretesa di una fede superiore, possiamo porci in un atteggiamento che dividono laddove ci dovrebbe essere unione. In realtà non esiste una fede di serie "A", alla quale è lecito tutto perché si ritiene di essere forte in sé, ed una fede di "serie B" da sottovalutare con disprezzo ed alterigia. La fede non deriva dalle nostre qualità umane, ma richiede di essere alimentata dall'uomo vero e reale. La fede, infatti, non proviene da noi. È un dono che si deve realizzare nella vita e deve essere condivisa. La fede è accoglienza; è il nostro dovere di realizzare la comunione con chi ci sta intorno. La fede è saper accettare gli altri come sono, aiutarli per essere aiutati. Significa non giudicare; significa operarsi non solo per nuocere ma per il bene altrui. È un cammino che non può essere intrapreso da soli. Leggiamo l'inizio e la fine del Vangelo ed abbiamo il fine ultimo della fede, del nostro essere e l'indicazione concreta di come realizzarlo qui ed adesso. La ricompensa alla quale accenna Gesù è la nostra meta, il nostro fine e l'invito alla pace tra di noi è il mezzo per realizzare questo fine.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Come pregare?

«Alcuni chiesero al padre Macario: "Come dobbiamo pregare?". L'anziano rispose loro: "Non c'è bisogno di dire vane parole, ma di tendere le mani e dire: - Signore, come vuoi e come sai, abbi pietà di me. Quando sopraggiunge una tentazione, basta dire: - Signore, aiutami!. Poiché egli sa cosa è bene per noi e ci fa misericordia".

Macario l'Egiziano

Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'UMILTÀ

Il dodicesimo gradino dell'umiltà si sale quando il monaco non solo è umile nel suo cuore, ma anche nell'atteggiamento esteriore dà sempre prova di umiltà a chi lo osserva; e cioè: durante l'Ufficio divino, in chiesa, all'interno del monastero, nell'orto, per via, nei campi, dappertutto insomma, stando seduto o camminando o in piedi, tiene sempre il capo chino e lo sguardo fisso a terra; ritenendosi sempre colpevole per i suoi peccati e i suoi vizi e vedendosi già comparire di fronte al tremendo giudizio di Dio; e ripete continuamente in cuor suo ciò che, con gli occhi fissi a terra, diceva il pubblicano del vangelo: «Signore, non sono degno io peccatore di alzare gli occhi al cielo» (cf. Lc 18,13); e ancora col profeta: «Mi sono curvato e umiliato fino all'estremo» (Sal 37,9 Volg.).

Cap.7,62-66.