Gesù scende dal monte della Trasfigurazione, trova una gran confusione a causa dell'impossibilità dei discepoli di guarire un ragazzo indemoniato. Gesù allora interviene e parla con il padre del ragazzo. L'uomo dimostra fiducia in Gesù ma esprime anche dei dubbi, derivanti più dall'affanno della situazione che da una vera mancanza di fede. Alla sollecitazione di Gesù, egli risponde con una frase che suona contraddittoria. All'importanza del miracolo, oggi ci interessa soprattutto questo scenario. Può darci delle belle indicazioni per la nostra vita. Gesù è assente per poco tempo e già cominciano i dubbi e le discussioni. Neanche i discepoli, che si sentono privi del loro Maestro, riescono a fronteggiare una situazione che si presenta confusa. Gesù mette l'ordine e placa i tumulti. La nostra vita è piena di pensieri, desideri, situazioni difficili che molte volte non siamo in grado di fronteggiarle. Abbiamo, forse, lasciato Gesù sul Monte. Si lo andiamo a visitare, in Chiesa, lo preghiamo ma lo lasciamo, talvolta, lontano dalla nostra realtà concreta, non lo lasciamo entrare nella nostra vita quotidiana; e allora che nasce la confusione e da soli non siamo in grado a reagire a tutte le situazioni. Tutto ci può sembrare difficile. Una fede non veramente vissuta prima o poi vacillerà e scomparirà di fronte agli eventi della vita. L'esortazione finale è l'esortazione di Gesù sull'importanza della preghiera. Facciamo nostra la supplica di questo padre che chiede al Signore di incrementare e rafforzare la sua fede.
«Non è ancora perfetta quella preghiera in cui il monaco ha coscienza di sé e del fatto stesso di pregare».
L'UMILTÀ Il settimo gradino dell'umiltà si sale quando il monaco, non solo a parole si dichiara l'ultimo e il più spregevole di tutti, ma si ritiene veramente tale anche nel più profondo del cuore, umiliandosi e dicendo col profeta: «Io sono verme e non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo» (Sal 21,7); «mi sono esaltato e allora sono stato umiliato e confuso» (Sal 87,16 Volg.); e ancora: «Bene per me se sono stato umiliato, perché impari ad obbedirti» (Sal 118,71).