"Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile". "In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda". Da queste parole la chiesa trae il motivo della festa di oggi. Nel dare l'annuncio della prodigiosa maternità di Maria, l'angelo Gabriele la informa di quanto è già accaduto alla sua parente ed ecco che la futura Madre del Signore, l'umile ancella del Signore, sente il dovere impellente di andare a trovare Elisabetta per darle quell'aiuto di cui ogni mamma ha bisogno quando è prossima alla maternità. Chi ama Dio e si sente amato da Lui, ama anche il suo prossimo e allora non c'è dignità o privilegio che possa frenare la concreta espressione della più squisita carità. Sembra poi normale che nell'espressione operosa dell'amore si svelino anche i misteri reconditi di Dio. Elisabetta, mossa dallo Spirito Santo esclama: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?". Vede in Maria la Madre del Mio Signore, il bambino che da oltre sei mesi porta in grembo, il futuro Giovanni Battista, le sussulta nel grembo e Maria, che serbava nel suo cuore l'arcano mistero che stava per compiersi in Lei, esplode in un sublime cantico di lode, intona il suo Magnificat. Che bell'insegnamento per noi! Dio si svela e si fa conoscere dove l'amore trova le sue migliori manifestazioni. Ce lo conferma S. Giovanni quando dice: "Dov'è carità e amore, lì c'è Dio". Ma lo stesso Gesù afferma solennemente che quello che facciamo nel suo nome ai nostri fratelli egli lo ritiene e lo premia come se fosse fatto a Lui stesso. Ci è di conforto infine scoprire la materna sollecitudine di Maria nei confronti delle necessità. Ne avremo una conferma alle nozze di Cana; sarà lei ad accorgersi del disagio e provvedere per la mancanza del vino chiedendo anzitempo un miracolo dal Figlio suo Gesù Cristo.
L'Abba Epifanio diceva: "il profeta Davide pregava a notte fonda, si alzava a mezzanotte, prima dell'alba invocava aiuto, all'alba era in preghiera, al mattino implorava, alla sera e a mezzogiorno elevava suppliche. Per questo poteva dire: sette volte al giorno io ti lodo".
I SACERDOTI CHE VOLESSERO EVENTUALMENTE ENTRARE IN MONASTERO E se per caso nel monastero si devono fare delle nomine o trattare qualche affare importante, occupi il posto che gli spetta secondo la data di ingresso in monastero, non quello che gli è stato assegnato per riverenza al sacerdozio. Così pure se un chierico, mosso dallo stesso desiderio, vorrà aggregarsi al monastero, sia collocato in un posto intermedio, ma anche qui a condizione che prometta l'osservanza della Regola e la propria stabilità.