Il Signore usa un imperativo, ma nel pieno rispetto della nostra libertà. L'imperativo indica la gravità di ciò che Egli ci comunica, la necessità nostra di rimanere nell'abbraccio caloroso del suo amore per vivere nella gioia piena che desideriamo. Fuori dal suo amore, non c'è speranza, non c'è nulla. Osservare i suoi comandamenti non è una mortificazione alla nostra fantasia, anzi, è lo sviluppo più fantasioso della nostra interiorità che spesso ci sorprende come ci sorprendono tutte le opere del Signore. Lui ci dona l'amore con cui è stato amato dal Padre e grazie a questo dono le nostre capacità si amplificano e si rinnovano. Gesù si rivolge ad un gruppo ristretto di interlocutori, forse un po'distratti o irrigiditi quali i discepoli di allora e di oggi; e ci insegna che proprio attraverso queste carenze la sua forza si manifesta, il suo messaggio è trasportato oltre i confini della nostra immaginazione perché sua sia la gloria. L'esperienza intima e profonda di ascolto, non può rimanere tale, ma deve trasformarsi in quel sale che dà sapore alla terra calpestata da tutti; dobbiamo essere annunciatori con la parola e con la vita di ciò che abbiamo visto, ovvero l'Amore incarnato, il nostro Signore. E per annunciare questa Verità, dobbiamo con il cuore seguire il comandamento più grande, amare il Signore e il nostro prossimo, perché l'Amore riconosca l'amore, Dio riconosca la sua creatura.
La buona educazione non consiste nel non versare la salsa sulla tovaglia, ma nel mostrare di non accorgersi se un altro lo fa.
QUELLI CHE SBAGLIANO IN UNA QUALSIASI ALTRA COSA Se qualcuno, mentre compie un lavoro qualsiasi - in cucina, nella dispensa, nei vari servizi, nel mulino, nell'orto o nell'esercizio di qualche arte o in qualunque altro luogo - commette fallo, o rompe o perde qualche attrezzo, oppure manca in qualsiasi altra cosa ovunque si trovi, e non si presenta subito davanti all'abate e alla comunità per fare spontaneamente la soddisfazione e manifestare la sua mancanza, quando questa sarà riferita da altri, venga sottoposto a più severo castigo. Se però si tratta di un peccato nascosto nel segreto della coscienza, lo si manifesti soltanto all'abate o ai seniori spirituali, che sappiano curare le piaghe proprie e le altrui, senza svelarle e renderle di pubblico dominio.