"Gesù Nazzareno Re dei Giudei": una scritta prima posta sul legno della croce, poi più significativamente nel cuore dei fedeli. La regalità di Cristo trae la sua prima origine dalla stessa incarnazione. Egli assumendo la nostra natura umana, diventava non solo primogenito dal Padre, ma anche nostro primogenito nell'ordine della grazia. Il suo trono però dopo la culla di Betlemme, è la croce, quel legno che l'uccide, ma che è la nostra salvezza, che esprime il massimo dell'amore con il dono della vita. Quanta è diversa la regalità di Cristo da quella degli uomini! Sul suo trono viene deriso e oltraggiato: «Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto». Ci resta difficile, se non sorretti dalla fede, comprendere come in quell'apparente immobilismo, in qull'esplicito e volontario rifiuto di usare per se la potenza che aveva usata a favore di altri, sta la vera grandezza del nostro Re. Perché sta compiendo fino in fondo l'opera del Padre suo, perché egli nella sua misericordia può garantire il paradiso al buon ladrone, egli ci rivela la sua vera divina grandezza, la sua Regalità e la sua Signoria. Quell'umile preghiera: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno», quella immediata risposta: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso», fanno di noi i sudditi grati e devoti del grande Re. Quella stessa preghiera con accenti diversi si è ripetuta infinite volte e altrettante sono state le risposte di salvezza. Un re crocifisso è il nostro re, ma sappiamo che poi il crocifisso è risorto, egli è diventato il trionfatore sulla morte, colui che ha cancellato i nostri peccati, colui che ha potuto dire non solo di essere risorto nel mattino di Pasqua, ma di essere egli stesso nella sua persona la Risurrezione e la vita per chi vuole vivere e credere in Lui. Dobbiamo perciò aggiungere al titolo regale quello di redentore, di trionfatore sulla morte e sul peccato, quello di avvocato nostro presso il Padre, di eterno sacerdote che intercede per la nostra personale ed universale salvezza. Per renderci convinti di questa sua divina regalità egli ha voluto rendersi presente e vivo dentro ciascuno di noi, con una comunione che non è soltanto quella della fede, ma del suo corpo e del suo sangue, quella comunione che ci deifica annullando in noi quella natura corrotta dal peccato per sostituirla con la sua natura immacolata e perfetta. È questo il dono supremo del nostro Re. Questo il motivo che fa di noi gli eterni cantori della sua bontà, che ci fa gridare: "Noi vogliamo che costui regni su di noi!".
Un filosofo chiese a sant'Antonio: Padre, come puoi essere così felice quando sei privato della consolazione dei libri? Antonio rispose: Il mio libro, o filosofo, è la natura, e ogni volta che voglio leggere le parole di Dio, il libro è davanti a me.
GLI ARTIGIANI DEL MONASTERO Qualora poi si dovesse vendere qualcosa dei prodotti degli artigiani, quelli che devono trattare l'affare si guardino bene dal commettere alcuna frode. Si ricordino sempre di Anania e Saffira (cf. At 5,1-11), perché la morte che questi subirono nel corpo, essi e tutti coloro che commettono frode riguardo ai beni del monastero, non abbiano a soffrirla nell'anima. Negli stessi prezzi poi non si insinui il male dell'avarizia, ma si venda sempre a un importo alquanto inferiore a quello corrente tra gli altri secolari, perché in tutto sia glorificato Dio (1 Pt 4,11).