Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
26 Settembre - 02 Ottobre 2004
Tempo Ordinario XXVI, Colore verde
Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 2

Commento alle Letture

Lunedì 27 settembre 2004

Non si muove foglia che Dio non voglia.

E' facile essere fedeli a Dio quando tutto va bene, ma quando sopraggiunge la sofferenza, spesso ci ribelliamo esclamando "Perché proprio a me ? non me lo meritavo!"
Diversa è la risposta del giusto servo Giobbe, il protagonista di questo splendido libro della Bibbia, piccolo gioiello di sapienza, che da lui prende il nome. Se dovessimo dare un titolo a questa prima parte del racconto che oggi la liturgia ci presenta, potremmo a buon ragione citare il proverbio: "Non si muove foglia senza che Dio lo voglia". Il Signore disse a Satana : "Ecco quanto possiede è in tuo potere, ma non stendere la mano su di lui" (Gb1,12).
Dio ama Giobbe come un padre ama il suo figlio ed è contento e orgoglioso di lui per le sue salde virtù, quattro in particolare, ma Satana mette in dubbio la sincerità di Giobbe: "Forse che Giobbe teme Dio per nulla?" (Gb1,9), insinua cioè che la sua rettitudine derivi dal fatto che Dio lo protegge e lo ricolma di beni. "Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia" (Gb1,11). Dio accetta la sfida, certo che le sofferenze che permetterà che accadono a Giobbe, purificheranno e consolideranno la sua fedeltà e il suo amore verso di lui. E così sarà. Giobbe vede abbattersi su di lui una tempesta di sciagure: nel giro di un solo giorno perde beni e figli, il suo cuore è distrutto, lacerato dal dolore, eppure rimane fedele, non accusa Dio ma lo benedice. "Si prostrò e disse - Nudo uscì dal seno di mia madre e nudo ritornerò. Il Signore ha dato il Signore ha tolto, benedetto sia il Signore". In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto.
Questa benedizione scaturita dal dolore ricorda la lotta di Gesù nel Getsemani; dinanzi alla morte Gesù prova tristezza e angoscia, si prostrò con la faccia a terra e pregava: "Padre mio, passi da me questo calice! Però non come voglio io ma come vuoi tu!" (Mt26,39). L'accettazione della volontà del Padre permette a Gesù di affrontare la passione e la morte e di entrare nella gloria della risurrezione. La mitezza dinanzi alla prova e alla sofferenza è l'arma che sconfigge il demonio e le sue macchinazioni, le quali hanno lo scopo di farci credere che Dio non ci ama, di toglierci la pace, la fiducia nella sua continua presenza, la speranza nella vita eterna.
"Beati i miti perché erediteranno la terra" (Mt5,5), cioè, gli umili, coloro che si riconoscono creature amate da Dio, che confidano in lui sempre, consapevole di essere sulla terra poveri pellegrini e non accaniti proprietari. Giobbe ignora il dialogo di Dio con Satana, sa solo che Dio è il padrone della sua vita e dei suoi beni e come tali può donare tutto e tutto riprendere secondo quanto afferma anche il Siracide, questo fatto però non altera l'amore e la riconoscenza che Giobbe ha nei suoi confronti. E anche in seguito, quando Giobbe sarà colpito, sempre con il permesso di Dio da una terribile malattia reagirà, in assoluta sottomissione, con la stupenda risposta :" Se da Dio accettiamo il bene perché non dovremmo accettare il male?" (Gb2,1-10).
Questo testo ci invita a riflettere sul nostro atteggiamento di fronte alle prove: perdite di beni, di salute, di affetti e nello stesso tempo ci dona la certezza che non siamo soli nel dolore, nelle tentazione.
Dio fa il tifo per noi, scende in campo con noi perché in Gesù possiamo uscire vincitori nella lotta ed entrare nella libertà dei figli di Dio.
Cerchiamo anche noi di ripetere le stesse parole di Giobbe in ogni situazione dolorosa che ci capita perché " per queste parole ti verranno molti beni piuttosto che mali, perché ti renderai propizio Dio e distruggerai la signoria del nemico" (dalle omelie di S. Giovanni Crisostomo, Vescovo).
Satana per quanto possa agitarsi, è già stato sconfitto, deve obbedire a Dio; a tale proposito ben si adattano due passi tratti uno dalle lettere di S. Paolo e l'altro dalla lettera di S Giacomo : "Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione ci darà anche la forza di sopportarla (1Cor10,13). "Beato l'uomo che sopporta la tentazione, perché una volta superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano" (Gc1,12).


Apoftegmi - Detti dei Padri

L'abate Giovanni ha detto: «Questa parola è scritta nel Vangelo: "Quando Gesù chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro, le sue mani e i suoi piedi erano legati e il suo viso cinto da un lino; Gesù lo sciolse e lo congedò. Noi dunque abbiamo le mani e i piedi legati e il nostro viso è stato coperto con un lino dalle mani del nemico? Se dunque ascoltiamo Gesù, Egli ci slegherà da tutto questo e ci libererà dalla schiavitù di tutti questi cattivi pensieri. Saremo allora figli del Signore, riceveremo le promesse in eredità e saremo figli del Regno Eterno».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

SE I FRATELLI USCITI DAL MONASTERO DEVONO ESSERE ACCETTATI DI NUOVO

Se un fratello, che per propria colpa ha lasciato il (o è stato espulso dal) monastero, vorrà rientrare, prima prometta di emendarsi totalmente del difetto per cui è uscito; e allora sia accettato, ma all'ultimo posto per provare così la sua umiltà. Se poi uscirà di nuovo, potrà essere riammesso alle stesse condizioni fino alla terza volta; ma sappia che in seguito gli sarà negata ogni possibilità di ritorno.

Cap.29,1-3.