Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
19 - 25 Settembre 2004
Tempo Ordinario XXV, Colore verde
Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 1

Commento alle Letture

Martedì 21 settembre 2004

Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.

La prima è la scelta di Gesù: Matteo è seduto a svolgere il suo lavoro di esattore della tasse, accompagnato dal disprezzo non dissimulato di chi gli è vicino. È anche considerato, dagli stessi, nella schiera dei pubblicani e dei peccatori: con il primo termine è indicata la sua posizione sociale e con il secondo si esprime un giudizio morale sul suo comportamento. Dal racconto evangelico non si può dedurre se Matteo abbia realmente abusato del suo compito contro i più deboli ed indifesi o sia malvisto per il suo compito ingrato. Gesù non sembra, almeno esteriormente, occuparsi del giudizio degli altri: egli chiama Matteo così come è, e gli stravolge la vita. La sua scelta non tiene conto dei normali giudizi umani – o piuttosto i pregiudizi umani? – ma scava più in profondità, aiutato comunque dal suo sguardo misericordioso che pulisce qualsiasi macchia.
Il secondo aspetto di questa breve ed indivisa scena è la rapidità. Una occhiata; una sola parola di Gesù sono sufficienti perché Matteo si alzi pronto a seguire Gesù, per diventare un suo discepolo ed esserne poi un evangelista fedele. Nel Vangelo sono presenti diverse chiamate: questa si contraddistingue proprio la sua rapidità che è segno di assoluta e completa disponibilità. L'opera di Dio potente ed efficace si fa accompagnare da un cuore pronto ed attento.
La risposta finale di Gesù, a chi ipocritamente lo rimprovera per il suo comportamento familiare con i pubblicani ed i peccatori, è l'invito per noi a non esporci a giudizi affrettati sui nostri fratelli, dirà infatti: date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio".


Apoftegmi - Detti dei Padri

Gregorio disse: «Che la tua opera sia pura per la presenza del Signore e non per l'ostentazione».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE IL GRADO DELLA SCOMUNICA

La misura della scomunica o del castigo corporale deve essere proporzionata alla gravità della colpa; e la valutazione di questa dipende esclusivamente dal giudizio dell'abate. Se un fratello comunque si rende colpevole di colpe leggere sia privato della partecipazione alla mensa comune. Per chi viene escluso dalla mensa si usi questa norma: non canti da solo in coro né salmo né antifona né proclami le letture, finché non abbia fatto la soddisfazione; inoltre prenda il pasto da solo dopo la refezione dei fratelli; così, per esempio, se i fratelli mangiano all'ora sesta, egli mangi a nona; se i fratelli a nona, egli a vespro, finché, dopo un'adeguata soddisfazione, non abbia ottenuto il perdono.

Cap.24,1-7.