Nel Vangelo di questa giornata troviamo due termini familiari: ascoltare e fare la volontà. Se nell'atteggiamento di ascolto, tutto il nostro essere si apre fiducioso verso l'altro, il fare la volontà sia di Dio che di un'altra persona, a prima vista, non ci sembra così positivo. Anzi, sappiamo, grazie alle scienze psicologiche, quanti meccanismi perversi possono nascondersi dietro. Ma l'ascolto è propedeutico al "fare la volontà", anzi questa si manifesta in pienezza quanto più si è capaci di tendere l'orecchio del proprio cuore per scrutare i segni della presenza di Dio. In tal modo, il compiere la volontà divina non è un mero sottomettersi a qualcosa e/o a qualcuno che è più grande e potente di noi, sarebbe una sorta di fatalismo che ci ridurrebbe ad essere degli infelici, ma è un gesto profetico e come tale ci fa cogliere l'essenza stessa della realtà. Così, riconosciamo che ci sono legami che vanno ben al di là della carne e del sangue, che ci sono valori che superano le mode, e che la nostra contingenza può essere superata volgendo lo sguardo verso l'Assoluto. Un altro termine che possiamo desumere dalla prima lettura è il timore del Signore (v. 30). Ancora una parola abusata e ambigua, che però ha un'enorme importanza per il credente. Scoprire Dio, vuol dire anche restare abbagliati dalla sua potenza e provare quel senso di spavento e di ammirazione che coglie quando si è di fronte a qualcosa di immenso (pensate all'oceano in tempesta: staremmo ad ammirarlo per ore da una scogliera! - benché provochi emozioni di timore e di attrazione).
Vi propongo in finale questa simpatica storiella di Martin Buber: «Il Rabbi di Kotzk chiese a un chassid: "Hai mai visto un lupo?". "Sì" rispose quello. "E hai avuto timore?" "Sì". "Ma in quel momento hai pensato che avevi timore?". "No" rispose il chassid. "Ho soltanto avuto timore". "Così," disse il Rabbi, "si deve fare con il timore di Dio».
Sforzati di entrare nella cella del tesoro che è dentro di te e vedrai quella che è in cielo: l'una e l'altra sono un'unica (cella), e per una sola porta le vedrai entrambe. La scala che conduce al Regno è nascosta dentro di te, nella tua anima. Tu immergiti in te stesso, (lontano) dal peccato, e lì tu troverai i gradini per i quali salire.
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE Né chiuda gli occhi sui vizi dei trasgressori, ma appena cominciano a nascere li strappi fin dalle radici con tutte le forze, memore della triste fine di Eli, sacerdote di Silo (cf. 1 Sam 2,27-34). E i più docili e disponibili li riprenda a parole, ammonendoli una prima e una seconda volta; ma i malvagi, gli ostinati, i superbi e i disobbedienti li reprima con le battiture o altri castighi corporali sin dal primo apparire del vizio, sapendo che sta scritto: «Lo stolto non si corregge a parole» (Pr 29,19); e ancora: «Percuoti con la verga tuo figlio e lo strapperai dalla morte» (Pr 23,14).