È ricorrente la tentazione che ci fa credere e ci illude che la nostra religiosità possa esaurirsi in adempimenti esteriori e rituali. Ai tempi del Signore era diventato un vizio molto diffuso. Egli stigmatizza certi comportamenti: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». L'ipocrisia falsa ogni in radice ogni atto di culto perché elude di fatto la lode a Dio e mira ad attrarre la compiacenza degli uomini. A questi tali Gesù dice: "In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa". È ancora più grave quando gli ipocriti si ammantano di zelo e presumono di dettare legge agli altri. Gesù dice di loro: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì"dalla gente". Da questa genia di persone vengono severe critiche agli apostoli e allo stesso Cristo. Oggi contestano perché hanno osato in giorno di sabato carpire alcune spighe di grano per mangiarne i chicchi in giorno di sabato. Non hanno compreso e non vogliono comprendere la novità di Cristo, il suo messaggio di liberazione dalla schiavitù della legge. Non vogliono accettare il messaggio di misericordia che egli sta portando al mondo, per cui legati ad antiche tradizioni, condannano individui senza colpa e non sanno riconoscere le proprie. Purtroppo quella categoria trova ancora ferventi e convinti seguaci: sono i ritualisti del nostro tempo, i nuovi zelanti della legge, quelli si ergono a giudici del mondo, sempre pronti a condannare e ignari che in loro si è spento l'amore. Il Signore del Sabato ci ha dato un comandamento nuovo, la legge dell'amore e del perdono, la legge della verità e della grazia, la legge che ci fa gridare Abba, Padre e ad ogni uomo, fratello!
Disse abbà Longino: «Da' il sangue e ricevi lo Spirito»
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE Quando dunque uno assume il titolo di abate, deve guidare i suoi discepoli con un duplice insegnamento: cioè, tutto quello che è buono e santo mostrarlo più con i fatti che con le parole; in modo da proporre con le parole i comandamenti del Signore ai discepoli più maturi, invece ai duri di cuore e ai più rozzi mostrare con il suo esempio i precetti divini. Quanto poi avrà indicato ai suoi discepoli come contrario alla legge di Dio, dimostri con la sua condotta che bisogna evitarlo, perché non gli accada che, mentre predica agli altri, non sia trovato riprovevole proprio lui (cf. 1 Cor 9,27), e che un giorno Dio non debba dirgli a causa dei suoi peccati: «Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che detesti la disciplina e le mie parole te le getti alle spalle?» (Sal 49,16-17); e ancora: «Tu osservavi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, ma non ti sei accorto della trave che era nel tuo» (Mt 7,3).