Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
23 - 29 Maggio 2004
Tempo di Pasqua VII, Colore bianco
Lezionario: Ciclo C, Salterio: sett. 3

Commento alle Letture

Venerdì 28 maggio 2004

L'esame dell'amore.

L'apostolo Pietro, definito dallo stesso Cristo "pietra" e "roccia", su cui egli voleva poggiare la sua chiesa, nell'ora della prova ha mostrato tutta la sua umana fragilità, rinnegando per ben tre volte il suo maestro. La paura di essere coinvolto nella tragica vicenda che stava per abbattersi su Gesù, gli aveva giocato in brutto scherzo. Quando poi ha preso coscienza del suo peccato ha pianto lacrime amare di pentimento. Oggi Gesù lo sottopone ad vero e proprio esame rivolgendogli per tre volte la stessa domanda: "Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro". Egli vuole così fargli comprendere dove vuole poggiare principalmente il primato che intende confermargli. Gesù aveva detto a tutti i suoi apostoli: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti». Pietro risponde con estrema sincerità e umiltà. La virtù che talvolta gli era mancata in passato: "Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo". Più che alla sua personale valutazione, si affida alla interiore conoscenza che attribuisce al suo maestro. Questa è la condizione per assumere il compito di primo dei pastori nella chiesa di Cristo. Questa è la dote indispensabile di cui deve essere adorno chi viene chiamato ad essere guida delle pecorelle del Signore. Con l'intensità dell'amore di Cristo deve essere pronto a difendere, a ricercare le smarrite sui monti e a dare la vita per le sue pecorelle. È per questo che il Signore, dopo aver confermato a Pietro il primato su tutti e sulla chiesa, gli predice il martirio. "Ti porteranno dove tu non vuoi" e aggiunge: "Seguimi". La sequela comporta la perfetta imitazione di Cristo, prima sulla via della croce e del martirio e poi nella gloria. Questa è la via privilegiata del prescelto da Dio, diventare frumento di Cristo per essere triturato e diventare pane per tutti. A questo conduce il sacerdozio, quando è vissuto nella continua e crescente comunione con Cristo. Se costatiamo debolezze e scandali anche da parte dei ministri dobbiamo solo umilmente riconoscere che non sempre siamo consapevoli della dignità e della sublimità della missione a cui siamo chiamati. Non sempre la preghiera occupa il primo posto nella nostra vita e di conseguenza si ritroviamo immersi in faccende e compiti che non ci appartengono, dimenticando la missione primaria per cui siamo stati chiamati. Come è meschino allora pensare e credere che il rimedio alle debolezze dei ministri risieda nel celibato! No, la vera causa è la nostra solitudine e la colpevole distanza che li separa da Cristo.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Raccontava del padre Dioscuro, che mangiava pane d'orzo e farina di lenticchie. Ogni anno si proponeva le pratiche di una nuova disciplina. Diceva: "Non avrò incontri con nessuno quest'anno", oppure: "non parlerò", oppure: "Non mangerò nulla di cotto", o ancora: "non mangerò frutta e verdura". Faceva così tutte le pratiche possibili, non faceva in tempo a compierne una che ne inizia un'altra. E ciò avveniva ogni anno.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

I FIGLI DEI NOBILI E DEI POVERI

Se per caso un nobile vuole offrire il proprio figlio a Dio nel monastero e il fanciullo è ancora in tenera età, i genitori scrivano la carta di petizione, di cui abbiamo parlato sopra; e insieme alle offerte della Messa avvolgano nella tovaglia dell'altare la stessa petizione e la mano del fanciullo; e così lo offrano.

Cap.59,1-2.