Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
15 - 21 Febbraio 2004
Tempo Ordinario VI, Colore verde
Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 2

Commento alle Letture

Mercoledì 18 febbraio 2004

Il cieco preso per mano.

Appaiono abbastanza evidenti le finalità che l'evangelista Marco si propone nel narrare ai suoi primi lettori, quasi certamente di origine pagana, l'episodio del vangelo odierno. Offre loro una bella immagine di ciò che fa il Signore con chi è cieco, privo cioè del dono della fede. Viene preso per mano: un gesto materno e paterno insieme, che esprime tenerezza e cura affettuosa verso una innata debolezza umana come quella della cecità. Gesù poi conduce fuori del villaggio il povero cieco e compie un gesto che ci ricorda la creazione, sparge della saliva su quegli occhi privi di luce e poi impone le mani. Gradualmente a tappe successive, come sta facendo Marco con i suoi convertiti, come fa la chiesa con i catecumeni e i battezzati, Gesù dona la vista al cieco. Disegna così il percorso della fede che viene calata in noi come un piccolo seme che deve però essere alimentato per farlo crescere fino a diventare orientamento sicuro alla nostra esistenza. Ci viene data anche una indicazione precisa: la fede è dono di Dio, e quella interiore illuminazione che ci consente di varcare i confini angusti della ragione e ci immerge con fiducia e sicurezza negli stessi misteri di Dio. Anche noi, benché cristiani adulti abbiamo spesso bisogno, come il cieco del Vangelo, di essere presi per mano e condotti o ricondotti alla bellezza e alla gioia della Verità. Diversamente si rischia, non solo il dubbio che ci può assalire come tentazione, ma addirittura il buio totale che ci disorienta completamente. La lampada va continuamente alimentata e l'olio di scorta sono le nostre buone azioni e soprattutto la preghiera, il migliore alimento alla nostra fede.


Apoftegmi - Detti dei Padri

«Tutto ciò che sorpassa la misura viene dai demoni»

Quando è troppo - è troppo...

Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'UMILTÀ

Il quinto gradino dell'umiltà si sale quando, tutti i cattivi pensieri che vengono in mente o i peccati commessi in segreto, il monaco li rivela con umile confessione al proprio abate, come ci esorta a fare la Scrittura quando dice: «Manifesta al Signore la tua via e confida in lui ed egli compirà la sua opera» (Sal 36,5); e ancora: «Confessatevi al Signore perché è buono, perché eterna è la sua misericordia» (Sal 117,1). Così pure il profeta dice: «Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore; ho detto: Confesserò al Signore le mie colpe e tu hai rimesso la malizia del mio peccato» (Sal 31,5).

Cap.7,44-48.