La liturgia della Parola ci propone il passo del vangelo di Luca contenente il Padre Nostro, che si differenzia dal testo di Mt. per la sua brevità e concisione. A differenza del testo matteiano, infatti, che contiene sette petizioni, Lc ne presenta cinque. E' la preghiera di Gesù, non solo insegnata e proposta ai discepoli, ma la preghiera con cui lui stesso si rivolgeva al Padre celeste. Non dice Luca "Padre Nostro", ma Padre, o meglio, "Papà". Tale è il grado di intima familiarità che il termine ispira. E' la preghiera della sua Chiesa, corpo mistico, di cui noi siamo le membra e lui il capo. E' lui che prega in noi, con noi e per noi. E' il prototipo delle preghiere cristiane, in cui al primo posto campeggia la lode di Dio, per cui siamo stati creati, indi l'invocazione per l'espansione sulla terra del suo regno di amore. Segue, in terza battuta, la petizione di aiuto nelle nostre necessità materiali, di capacità di perdono, come noi vorremmo fossimo da tutti perdonati e di non essere lasciati soli di fronte all'imperversare delle tentazioni. Una preghiera valida per tutti i tempi, anche nella sua versione lucana più sintetica. In tempi in cui non si ha il coraggio di professare le proprie radici cristiane, supplichiamo il Padre perché possiamo perseverare nell'adesione di fede al vangelo.
Se fai il tuo lavoro manuale nella cella e viene l'ora della preghiera, non dire: «Finirò i miei ramoscelli e il piccolo cesto e dopo mi alzerò», ma alzati subito e rendi a Dio il debito della preghiera; diversamente prenderai a poco a poco l'abitudine di trascurare la tua preghiera e il tuo Uffizio e la tua anima diventerà deserta di ogni opera spirituale e corporale. Poiché è dall'alba che si mostra la tua volontà.
I FRATELLI INFERMI La cura degli infermi è da mettere prima di tutto e al di sopra di tutto, in modo che ad essi si serva davvero come a Cristo in persona, perché egli ha detto: «Ero malato e mi avete visitato» (Mt 25,36); e ancora: «Quel che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). Gli infermi, da parte loro, devono essere consapevoli che sono serviti in onore di Dio e non affliggere con eccessive pretese i fratelli che li assistono; tuttavia essi devono essere in ogni caso sopportati con pazienza, perché attraverso di loro si acquista una maggiore ricompensa. L'abate pertanto abbia la massima premura che i malati non siano trascurati in nessun modo.