E' la conclusione precettiva della parabola del Buon Samaritano, vera perla del vangelo di Luca. Non basta conoscere la via che porta al cielo, occorre intraprenderla. A nulla vale sapere che è il prossimo senza farsi prossimo. Prossimo non è la persona che ci aggrada, simpatica ed eventualmente a noi utile in tempi difficili. Il prossimo non è la persona da cui ci aspettiamo un favore, un gesto di generosità nel momento del bisogno; e qualora non lo facesse, ci sentiamo giustificati a considerarlo un essere inutile, ignorarlo o trattarlo con indifferenza. Nell'insegnamento di Cristo non interessa chi sia il prossimo, quanto come diventare prossimo, partecipando al dolore, assumendosene le spese; senza limitarsi a dolci parole di circostanza, ma sospendendo i propri programmi ed interessi, per considerare il malcapitato un altro io, da curare e amare come se stesso, di un amore sovreminente, totale e incondizionato.
Nostro Signore non si limita ad un insegnamento comportamentale, già di per sé esigente e richiedente dell'eroismo; va ben oltre i confini terreni di atteggiamenti fra esseri umani, di natura episodica, quasi fine a se stessi. L'amore del prossimo, l'agàpe e non semplicemente il filantropismo, è agganciato inscindibilmente all'amore di Dio, da amare, secondo il dettato dello Shema deuteronomistico, "con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze e con tutta la mente". L'amore del prossimo è veicolo all'amore di Dio. S.Giovanni confermerà: Se non ami il prossimo che vedi, come puoi dire di amare Dio che non vedi?" L'amore di Dio è il movente, la radice e la forza per amare il prossimo. Il prossimo, ogni uomo, incluso un nemico, può veramente considerarsi tale, se in lui si scorge il volto di Dio, il santo volto di Cristo.
Un fratello si recò presso un anziano che abitava al Monte Sinai e gli domandò: «Padre, dimmi come si deve pregare, perché ho molto irritato Iddio». L'anziano gli disse: «Figliuolo, io quando prego parlo così: Signore, accordami di servirti come ho servito Satana e di amarti come ho amato il peccato».
I SETTIMANARI DI CUCINA Chi sta per uscire di settimana, il sabato faccia le pulizie; lavi i panni con cui i fratelli si asciugano le mani e i piedi; tanto poi chi finisce quanto chi inizia il turno lavi i piedi a tutti. Chi esce di settimana riconsegni puliti e in buono stato gli utensili del suo ufficio al cellerario, e questi a sua volta li consegni al fratello che entra in servizio, in modo da sapere quello che dà e quello che riceve. Un'ora prima della refezione i settimanari prendano, oltre la razione stabilita, un bicchiere di vino e un po' di pane per ciascuno, perché all'ora del pasto possano servire i fratelli senza lamentele e senza eccessiva fatica; nei giorni festivi però attendano sino alla fine della Messa.