La liturgia odierna ci presenta Gesù come pane di vita, come pane che dona la forza per camminare nell'amore. Per accogliere questo dono però è necessario accostarsi ad esso con la sapienza che viene da Dio. Nella prima lettura incontriamo il profeta Elia, stanco e affamato. Forse anche un po' sconfortato E' al Suo servizio, al servizio di Dio. E Dio non abbandona mai i suoi servi fedeli. Manda un angelo con il cibo per saziare Elia. E «con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb». Forse anche a noi è capitato di essere presi dallo sconforto, proprio come Elia o mormorare come i giudei del Vangelo. Abbiamo mancato di fiducia. Che cosa fare in questi casi? Come Elia, per riprendere il cammino, abbiamo bisogno di mangiare, abbiamo bisogno di mangiare il pane della vita eterna, cioè l'Eucaristia. Non è un semplice pane, è un pane che dà la vita, la vita eterna, è il corpo di Cristo. Il ritornello del salmo ci fa ripetere: il tuo pane, Signore, sostiene i poveri in cammino. Noi siamo poveri in cammino verso l'Oreb, verso Dio, e, abbiamo bisogno di nutrirci di questo pane, pane celeste. Rinforzati da questo cibo diventiamo imitatori di Dio e possiamo amare come Cristo. Possiamo e dobbiamo sostenere i nostri fratelli, in cammino come noi, verso Dio, togliendo dal nostro cuore ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Con Lui possiamo farcela.
«Abba Poemen ha riportato queste parole di abba Ammone: "Un uomo passa tutto il suo tempo a portare la scure e non riesce ad abbattere l'albero; c'è un altro invece che è esperto nel tagliare e con pochi colpi lo fa cadere". E diceva che la scure è il discernimento».
L'UMILTÀ Quindi, fratelli, se vogliamo toccare la vetta della più grande umiltà, se vogliamo giungere velocemente alla esaltazione celeste a cui si sale attraverso l'umiltà della vita presente, dobbiamo innalzare, ascendendo con le nostre azioni, quella scala che apparve in sogno a Giacobbe e per la quale egli vide angeli che scendevano e salivano (cf. Gen 28,12). Per noi quel discendere e quel salire stanno senz'altro a significare che con la superbia si discende e con l'umiltà si sale.