Sarebbe stato davvero facile per Gesù ritorcere contro i suoi accusatori, e con maggiore ragione, l'accusa che essi temerariamente gli rivolgono: "Ti fai dio". È proprio in questo l'essenza e la radice del loro e nostro peccato sin da quello commesso in principio dai nostri progenitori. "Sarete come dei", aveva insinuato loro il maligno, in quella prima tentazione e così va ripetendo ancora ogni volta che vuole indurci alla libertà sfrenata per metterci contro Dio e farci poi sperimentare la paura e la nudità. I Giudei invece rivolgo contro il Figlio unigenito del Padre questa accusa. Per questo, a loro giudizio, deve subire la lapidazione perché ai loro orecchi questo suona come una orribile bestemmia. Ne traggono motivo di scandalo e di condanna. Eppure molti, ricordando la testimonianza di Giovanni il Battista e vedendo con cuore semplice le opere che egli andava compiendo, ascoltando con docilità i suoi insegnamenti, cedettero in lui. I più duri di cuori sono da sempre quelli che si sentono particolarmente disturbati dalla verità, che si ritengono inattaccabili e depositari del bene, che si sentono invece toccati e feriti nell'orgoglio. Gesù ricorda loro: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi ? Ora, se essa ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?". Gesù conclude la sua serrata argomentazione: "se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre". È un momento e un argomento conclusivo quello che Gesù enuncia: Egli è vero Dio nell'unione ipostatica con il Padre. Invoca perciò la fede perché solo così può essere compreso, chiede di vedere con quella luce, dono divino, le sue opere per smettere il giudizio e far nascere l'accoglienza amorosa. Anche noi siamo testimoni e destinatari delle opere di Cristo, offriamogli la nostra più intensa gratitudine.
Alcuni fratelli vollero vedere l'abba Antonio. Salirono su una barca, e li trovarono un anziano che anche lui voleva andare da Antonio, ma i fratelli non ne sapevano niente. Seduti sulla barca conversavano sui detti dei padri, sulle Scritture e sui loro lavori manuali. L'anziano invece stava in silenzio. Giunti al porto, si accorsero che anche l'anziano andava dall'abate. Arrivati da Antonio, questi disse: «Avete trovato un buon compagno di strada in questo anziano!». E al vecchio: «E tu ti sei trovato con dei buoni fratelli, Padre!». L'anziano rispose: d'accordo, ma la loro casa non ha porte: entra chi vuole nella stalla e slega l'asino!». Parlava così perché i fratelli dicevano tutto quello che passava loro per la testa.
IL LETTORE DI SETTIMANA Alla mensa dei fratelli mentre mangiano non deve mai mancare la lettura; ma non sia uno a caso che prenda un libro e si metta a leggere, bensì vi sia un lettore stabilito per tutta la settimana, che entra in servizio la domenica. Egli, iniziando il turno di lettura, dopo la Messa e la comunione, si raccomandi alla preghiera di tutti, perché Dio tenga lontano da lui lo spirito di superbia. Il lettore intoni nell'oratorio questo versetto, che venga poi ripetuto da tutti per tre volte: «Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode» (Sal 50,17); e, ricevuta la benedizione, entri nell'ufficio di lettore.