Nacque a Kenty, nell'anno 1390. Sacerdote e teologo, fu maestro e modello di intere generazioni di sacerdoti. Fu parrocco a Olkusz, il suo spirito di preghiera e di penitenza, la sua inesauribile carità verso tutti, specialmente verso i poveri, gli danno un posto di rilievo nel gran secolo della Polonia.
San Giovanni da Kety, sacerdote, che, ordinato sacerdote, insegnò per molti anni nell'Università di Cracovia. Ricevuto poi l'incarico della cura pastorale della parrocchia di Olkusz, aggiunse alle sue virtù la testimonianza di una fede retta e fu per i suoi collaboratori e i discepoli un modello di pietà e carità verso il prossimo. Nel giorno seguente a questo, a Cracovia in Polonia, passò ai celesti gaudi.
Dalle "Lettere" di Clemente XIII, papa.
In tutto aveva soltanto Dio nel cuore, soltanto Dio sulla bocca
Nessuno può contestare che il beato Giovanni da Kety si stato trovato degno di essere annoverato fra quei pochi uomini illustri che emergono per dottrina e per santità, che hanno non solo insegnato, ma anche realizzato quanto insegnavano e che difesero contro gli avversari l'ortodossia della fede. Infatti egli insegnò, nell'accademia di Cracovia, una scienza appresa da purissima sorgente, mentre in quei tempi, in altri paesi non molto lontani, serpeggiavano eresie e scismi; inoltre si adoperò per proporre al popolo, mediante la predicazione, una forma più santa, di vita, che egli stesso confermava con l'umiltà, la castità, la misericordia, le penitenze corporali e tutte le altre virtù del sacerdote integerrimo e dell'operaio instancabile.
In questo modo non solo diede decoro e fama al corpo insegnante di quella accademia, ma lasciò anche un benefico esempio a tutti quelli che avrebbero svolto un simile compito: perché cerchino di compiere con sollecitudine il loro dovere di docenti e si sforzino di insegnare, con ogni cura e mezzo, insieme alle altre discipline, anche la scienza della santità, a gloria e lode di Dio solo.
La rispettosa esattezza con la quale si occupava delle cose di Dio si univa all'umiltà, per cui, sebbene nella scienza superasse facilmente tutti, si riteneva inferiore e mai si preferiva agli altri; desiderava anzi di essere tenuto in poco conto e disprezzata da tutti e sopportava lietamente coloro che lo denigravano e lo disprezzavano.
All'umiltà si accompagnava una rara semplicità, degna di un fanciullo. Perciò le sue azioni e le sue parole erano limpide, senza inganni; quello che teneva chiuso in cuore appariva anche nelle parole. Se per caso sospettava di avere offeso qualcuno con le sue parole per amore della verità, prima di recarsi all'altare domandava, pregando, perdono, non tanto del suo quanto dell'errore degli altri. Durante il giorno poi, dopo aver compiuto il suo dovere, subito dal liceo si recava direttamente alla chiesa dove, davanti al Cristo nascosto nell'Eucaristia, trascorreva lunghe ore nella contemplazione e nella preghiera. Sempre aveva solo Dio nel cuore, solo Dio sulla bocca.
(2 febbr. 1767: Bullarii romani continuatio, IV, pars II, Pratis, 1843, pp. 1314-1316).