Nacque nel 370 e condusse vita monastica. Ordinato sacerdote seguì lo zio vescovo di Alessandria e gli succedette nella cattedra nel 412. Combatté strenuamente contro la dottrina di Nestorio ed ebbe una parte di primo piano nel concilio di Efeso. Scrisse molto e con grande erudizione per spiegare e difendere la fede cattolica. Morì nel 444, tenne fermamente in mano le redini della Chiesa d'Egitto, impegnandosi al tempo stesso in una delle epoche più difficili nella storia della Chiesa d'Oriente, nella lotta per l'ortodossia, in nome del papa S. Celestino. In fermezza al servizio della santità del battagliero vescovo di Alessandria, anche se tardivamente riconosciuta, almeno in Occidente. Infatti, soltanto sotto il pontificato di Leone XIII il suo culto venne esteso a tutta la Chiesa latina, ed egli ebbe il titolo di "dottore". Titolo di gloria per il vescovo di Alessandria fu di avere elaborato in questa occasione una autentica e limpida teologia dell'incarnazione. "L'Emmanuele consta con certezza di due nature: di quella divina e di quella umana.
San Cirillo, vescovo e dottore della Chiesa, che, eletto alla sede di Alessandria d'Egitto, mosso da singolare sollecitudine per l'integrità della fede cattolica, sostenne nel Concilio di Efeso i dogmi dell'umità e unicità della persona di Cristo e della divina maternità della Vergine Maria.
Dal trattato «L'ideale perfetto del cristiano» di san Gregorio di Nissa, vescovo
Manifestiamo Cristo in tutta la nostra vita
Tre sono gli elementi che manifestano e distinguono la vita del cristiano: l'azione, la parola e il pensiero. Primo fra questi é il pensiero, al secondo posto viene la parola che dischiude e manifesta con vocaboli ciò che é stato concepito col pensiero. Dopo, in terzo luogo, si colloca l'azione, che traduce nei fatti quello che é stato pensato. Se perciò una qualunque delle molte cose possibili ci porta naturalmente o a pensare o a parlare o ad agire, é necessario che ogni nostro detto o fatto o pensiero sia indirizzato e regolato da quelle norme con le quali Cristo si é manifestato, in modo che non pensiamo, né diciamo, né facciamo nulla che possa allontanarci da quanto ci indica quella norma sublime.
E che altro, dunque, dovrebbe fare colui che é stato reso degno del grande nome di Cristo, se non esplorare diligentemente ogni suo pensiero, parola e azione, e vedere se ognuno di essi tenda a Cristo oppure se ne allontani? In molti modi si può fare questo importante esame. Infatti tutto ciò che si fa o si pensa o si dice, sotto la spinta di qualche mala passione, questo non si accorda affatto con Cristo, ma porta piuttosto il marchio e l'impronta del nemico, il quale mescola alla perla preziosa del cuore il fango di vili cupidigie per appannare e deformare il limpido splendore della perla.
Ciò invece é libero e puro da ogni sordida voglia, questo é certamente indirizzato all'autore principe della pace, Cristo. Chi attinge e deriva da lui, come da una sorgente pura e incorrotta, i sentimenti e gli affetti del suo cuore, presenterà, con il suo principio e la sua origine, tale somiglianza quale può aver con la sua sorgente l'acqua, che scorre nel ruscello o brilla nell'anfora. Infatti la purezza che é in Cristo e quella che é nei nostri cuori é la stessa. Ma quella di Cristo si identifica con la sorgente; la nostra invece promana da lui e scorre in noi, trascinando con sé per la via la bellezza ed onestà dei pensieri, in modo che appaia una certa coerenza ed armonia fra l'uomo interiore e quello esteriore, dal momento che i pensieri e i sentimenti, che provengono da Cristo, regolano la vita e la guidano nell'ordine e nella santità. In questo dunque, a mio giudizio, sta la perfezione della vita cristiana, nella piena assimilazione e nella concreta realizzazione di tutti i titoli espressi dal nome di Cristo, sia nell'ambito interiore del cuore, come in quello esterno della parola e dell'azione.(PG 46, 283-286)