Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
27 Giugno - 03 Luglio 2004
Tempo Ordinario XIII, Colore verde
Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 1

I Santi del giorno

Sabato 03 luglio 2004

San Tommaso Apostolo

Apostolo (Festa)

BIOGRAFIA

Perchè mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto;<br /> beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno.

Tommaso è soprannominato "Didimo", cioè gemello. Tutto quel che sappiamo per certo sul suo conto si trova nei Vangeli, dove si ritrova protagonista dell'episodio relativo alla sua incredulità e alla sua successiva professione di fede nella risurrezione di Cristo (Gv 20, 24ss). Secondo una tradizione molto antica predicò in India e vi fu martirizzato, ma non esistono prove decisive. Gli antichi scritti come il Vangelo di Tommaso risalgono a secoli posteriori (dal secondo al quarto) e non sono autentici. Nell'arte Tommaso è raffigurato come un uomo anziano con una lancia , o trafitto da una lancia, oppure inginocchiato davanti a Nostro Signore e nell'atto di toccargli il costato.

MARTIROLOGIO

Festa di san Tommaso, Apostolo, il quale non credette agli altri discepoli che gli annunciavano la resurrezione di Gesù, ma, quando lui stesso gli mostrò il costato trafitto, esclamò: «Mio Signore e mio Dio». E con questa stessa fede si ritiene abbia portato la parola del Vangelo tra i popoli dell'India.

DAGLI SCRITTI...

Metti qui il tuo dito e sii credente...

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa
«Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù» (Gv 20, 24). Questo solo discepolo era assente. Quando ritornò udì il racconto dei fatti accaduti, ma rifiutò di credere a quello che aveva sentito. Venne ancora il Signore e al discepolo incredulo offrì il costato da toccare, mostrò le mani e, indicando la cicatrice delle sue ferite, guarì quella della sua incredulità.
Che cosa, fratelli, intravvedere in tutto questo? Attribuite forse a un puro caso che quel discepolo scelto dal Signore sia stato assente, e venendo poi abbia udito il fatto, e udendo abbia dubitato, e dubitando abbia toccato, e toccando abbia creduto? No, questo non avvenne a caso, ma per divina disposizione. La clemenza del Signore ha agito in modo meraviglioso, poiché quel discepolo, con i suoi dubbi, mentre nel suo maestro toccava le ferite del corpo, guariva in noi le ferite dell'incredulità. L'incredulità di Tommaso ha giovato a noi molto più, riguardo alla fede, che non la fede
degli altri discepoli. Mentre infatti quello viene ricondotto alla fede col toccare, la nostra mente viene consolidata nella fede con il supermercato di ogni dubbio. Così il discepolo, che ha dubitato e toccato, è divenuto testimone della verità della risurrezione.
Toccò ed esclamò: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto» (Gv 20, 28-29). Siccome l'apostolo Paolo dice: «La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono», è chiaro che la fede è prova di quelle cose che non si possono vedere. Le cose che si vedono non richiedono più la fede, ma sono oggetto di conoscenza. Ma se Tommaso vide e toccò, come mai gli vien detto: «Perché mi hai veduto, ha creduto?» Altro però fu ciò che vide e altro ciò in cui credette. La divinità infatti non può essere vista da uomo mortale. Vide dunque un uomo e riconobbe Dio, dicendo: «Mio Signore e mio Dio!». Credette pertanto vedendo. Vide un vero uomo e disse che era quel Dio che non poteva vedere.
Ci reca grande gioia quello che segue: «Beati quelli che pur non avendo visto crederanno!» (Gv 20, 28). Con queste parole senza dubbio veniamo indicati specialmente noi, che crediamo in colui che non abbiamo veduto con i nostri sensi. Siamo stati designati noi, se però alla nostra fede facciamo seguire le opere. Crede infatti davvero colui che mette in pratica con la vita la verità in cui crede. Dice invece san Paolo di coloro che hanno la fede soltanto a parole: «Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i
fatti» (Tt 1, 16). E Giacomo scrive: «La fede senza le opere é morta» (Gc 2, 26).



NOTA DEL MESSALE

Tommaso, «chiamato Didimo» – che significa «gemello» –, è «uno dei Dodici» (Gv 20, 24; cf. Mc 3, 18). Quando Gesù vuole tornare in Giudea per risvegliare Lazzaro dal sepolcro, Tommaso esorta gli altri discepoli a seguire il Maestro e a essere pronti «a morire con lui» (Gv 11, 16); durante l’ultima Cena, chiede al Maestro di mostrare quale sia «la via» di cui egli parla (cf. Gv 14, 5). Assente quando appare Gesù la sera della sua risurrezione, egli, all’annuncio degli altri discepoli, rimane incredulo e, «otto giorni dopo» (Gv 20, 26), accoglie il dono di vedere il Risorto e di proclamarlo «Mio Signore e mio Dio» (Gv 20, 28). Il Martirologio geronimiano (sec. V-VI) ricorda la traslazione del suo corpo a Edessa il 3 luglio.