«Questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore, suo Dio, né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca». Con queste parole Geremia rimprovera il suo popolo, un ammonimento che risuona di straordinaria attualità. È lo stesso rimprovero che Gesù rivolge ai suoi avversari, sordi alla verità, dopo l’assurda accusa: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni». Un’accusa blasfema e opposta a ciò che sta realmente accadendo, ovvero la missione redentrice e salvifica del Messia: «È giunto a voi il regno di Dio». Questo significa lanciare la sfida a un potere terreno che si illude di identificarsi con quello divino. Ma i nemici del Signore rifiutano di comprendere che, quando arriva uno più forte, non solo scaccia i demoni, ma strappa via le armi nelle quali essi confidavano e annienta il loro falso potere. Dice il Signore: «Ecco, faccio una cosa nuova; proprio ora germoglia; non ve ne accorgete?». Molti credenti dei primi secoli hanno dato la vita per affermare che anche l’imperatore è sottomesso a un potere infinitamente più grande del suo. Non accorgersi del Signore, non accettarlo, è il peccato che si ripete con incredibile ostinazione nella storia: significa non vedere e non ascoltare ciò che il Battista proclamava: «Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!». È anche la tentazione di pensare che il male stia trionfando. Ma Gesù, vero Signore della storia, ci illumina: «Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde». La dispersione, il male e ogni ingiustizia non vengono da Dio, ma dal maligno, che come gramigna invade il campo. Ecco allora la via del ritorno e della conversione: «Or dunque - parola del Signore - ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti». Laceriamo il cuore, non le vesti, e torniamo al Signore con sincerità. Celebriamo con fervore la santa Quaresima e incamminiamoci fiduciosi verso la Pasqua.
Dio al primo posto.
Un anziano disse: «Se l'uomo fa la volontà del Signore, non finisce mai di udire la voce interiore».
QUELLI CHE PIÙ VOLTE RIPRESI NON VOGLIONO CORREGGERSI Se un fratello, ripreso più volte per una qualsiasi colpa, se anche scomunicato, neppure così si sarà corretto, si usi con lui una punizione più severa, cioè lo si sottoponga al castigo delle battiture. Ma se nemmeno così si vorrà emendare, anzi levatosi in superbia - che non sia mai! - oserà addirittura difendere la sua condotta, allora l'abate agisca come un medico esperto: se ha adoperato i lenitivi, gli unguenti delle esortazioni, i farmaci delle divine Scritture e infine le bruciature della scomunica o delle piaghe delle verghe, e costata ormai che a nulla approdano le sue industrie, faccia ricorso - ciò che vale di più - alla preghiera sua e di tutti i monaci, affinché il Signore, a cui tutto è possibile, operi la guarigione del fratello infermo. Ma se neppure così quegli guarirà, allora l'abate usi senz'altro il ferro dell'amputazione, come dice l'apostolo: «Togliete il malvagio di mezzo a voi» (1 Cor 5,13); e ancora: «Se l'infedele vuole andarsene, se ne vada» (1 Cor 7,15), perché una pecora infetta non contagi tutto il gregge.