Quest'anno la festa dei santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele cade di domenica, e anche se non possiamo celebrarla oggi, diamo lode al Signore in mezzo ai suoi Angeli.
Nel vangelo di oggi leggiamo: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era uno dei nostri”. Questo è quanto si premura Giovanni di riferire a Gesù, preoccupato di una invasione indebita di campo. Dio è tutt'altro. Egli è libero di concedere i suoi doni a chi vuole; agisce al di là dei nostri pensieri e delle stesse strutture sacre. Siamo avvertiti di non concepire la potenza e la presenza di Gesù Cristo come un nostro riservato 'possesso', di non intendere la comunità cristiana, come un gruppo, quello dei 'nostri', chiuso ed esclusivo; di non invidiare o misconoscere il bene che possiamo incontrare fuori dei confini visibili, tracciati dai nostri calcoli. La comunione con Cristo può istituirsi anche al di là dalle condizioni e dalle attese che partono da noi. Questo non può sorprendere se non chi presume di essere amico di Gesù, dimenticando che il suo 'nome' Gesù (Dio salva), la sua signoria redentiva, la sua presenza salvifica, sono il fondamento della salvezza per tutti gli uomini. “Dio non fa preferenza di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto”. La vera appartenenza alla comunità dei 'suoi' è quel fare nel 'suo nome', perfino col solo “dare da bere un bicchiere d'acqua”. Quel che merita non è la grandiosità dell'azione, ma l'animo con cui essa viene compiuta. Oltre che seminatori di amore, si può essere, tragicamente, seminatori di morte mediante lo scandalo. Chi tenta di bloccare il cammino spirituale dei “piccoli che credono in me, è meglio, che venga gettato in mare con una macina d'asino”. Tale severità spiega la gravità della situazione che il lettore-ascoltatore deve percepire in tutta la sua urgenza e ciò “sarebbe meglio” per lui, rispetto allo scandalo che ha dato. Questa idea viene articolata nei versetti successivi con tre affermazioni estreme. Sono addotti tre elementi che racchiudono tutta la vita: la mano, simbolo dell'attività, il piede, simbolo del comportamento, l'occhio, simbolo della relazione con gli altri. Come a dire: la comunione con Dio è un bene supremo da custodire anche a costo di subire qualche menomazione del corpo.
Fu domandato a un anziano: «Come avviene che io mi scoraggi senza tregua?». «Perché non hai ancora visto la meta», rispose.
QUALE DEVE ESSERE IL CELLERARIO DEL MONASTERO Come cellerario del monastero sia scelto uno dei membri della comunità che sia saggio, maturo, sobrio, non mangione, non superbo, non turbolento, non insolente, non gretto, non prodigo, ma pieno di timor di Dio e che sia come un padre per tutta la comunità. Abbia cura di tutti; non faccia nulla senza il consenso dell'abate; si attenga agli ordini ricevuti. Non contristi i fratelli; se per caso uno di loro gli chiede qualcosa fuori posto, non lo rattristi respingendolo con disprezzo, ma con buone ragioni e con umiltà dica di no alla sua richiesta inopportuna. Abbia cura della propria anima, memore sempre di quel detto dell'apostolo che chi avrà ben servito si acquisterà un grado onorifico (1 Tm 3,13). Riservi ogni premura con la massima sollecitudine specialmente agli infermi, ai fanciulli, agli ospiti e ai poveri, ben sapendo che di tutti questi dovrà rendere conto nel giorno del giudizio.