Il tempo scorre velocemente. Oggi siamo già alla XXII domenica del Tempo Ordinario, e il mese di agosto, il mese delle vacanze, è ormai terminato. Forse qualcuno sta ancora godendo dell’ultima domenica di ferie. Eppure, noi siamo qui, di fronte alle Scritture, a meditare sulla Parola di Dio. Parteciperemo all’Eucaristia, ci recheremo in chiesa per lodare il Signore, ringraziarlo e magari chiedere qualcosa… Ma anche Lui ci accoglie con gioia. Come sempre, ha qualcosa da offrirci: un messaggio, un insegnamento. Come dice san Giacomo nella seconda lettura: «Ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall’alto e discende dal Padre della luce». Ogni insegnamento che Egli ci dona è buono, è per noi, per la nostra vita, per la nostra crescita spirituale.
Purtroppo, spesso capita che ciò che ascoltiamo in chiesa, ciò che apprendiamo di buono e di salutare, rimanga confinato lì e venga presto dimenticato, invece di diventare un segno vivo di Dio nella nostra vita. La Parola di Dio di oggi ci ammonisce: «Siate di quelli che mettono in pratica la parola di Dio e non soltanto ascoltatori». In altre parole, il Signore ci ricorda che non basta conoscere i comandamenti, sapere come vivere, o parlare bene; se tutto questo non si traduce in un impegno concreto, in una vita cristiana vissuta autenticamente, la nostra fede resta sterile.
Sebbene siamo ancora nell’Antico Testamento (prima lettura), possiamo vedere quanto esso sia attuale anche oggi. La fede deve guidare la nostra vita; se così non fosse, la nostra fede sarebbe vana: «Questo popolo mi onora solo con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me…». Anche il Vangelo ci invita a guardare nel profondo del nostro cuore, a chiederci se non siamo anche noi come quei farisei ipocriti, che rispettano le formalità e osservano le prescrizioni solo per essere visti e ammirati dagli altri.
Questo è un pericolo che corriamo anche noi. Potremmo andare in chiesa, aiutare gli altri, compiere opere di bene e di carità, ma non perché lo sentiamo nel cuore o perché il Signore ci chiede di amare il prossimo, bensì perché così dicono i comandamenti o le leggi, o peggio ancora, per essere visti e ammirati dagli altri. I farisei si consideravano perfetti perché osservavano la legge, ma Gesù li chiama ipocriti perché il loro cuore è lontano da Dio. Appunto, la risposta di Gesù ai farisei, alle accuse che muovono contro di Lui e contro gli Apostoli, non si fa attendere. I farisei cercavano, ancora una volta, di colpirlo, discreditandolo davanti alla gente, facendo credere che non fosse un buon maestro, perché i suoi discepoli non si comportavano secondo la legge dei padri. Ma Gesù non insegna la disobbedienza, né l’abbandono delle leggi di Mosè. Egli ci insegna la legge dell’amore, e solo alla luce di questo comandamento nuovo possiamo interpretare tutte le Scritture. La Nuova Alleanza, scritta non su tavole di pietra ma nei cuori dei fedeli, nei nostri cuori, è il compimento, non il rinnegamento, dell’Antica Legge.
Preghiamo il Signore affinché la Sua legge sia scritta nei nostri cuori, e perché possiamo non solo ascoltarla, ma viverla pienamente.
«Abba Giovanni ha detto: "Se Mosè non fosse entrato nelle tenebre, non avrebbe visto il Signore. Intendiamo con le tenebre la cella del monaco. Se tu resterai nella tua cella, tu vedrai tutte le meraviglie del Signore"».
COME CELEBRARE LE VIGILIE NOTTURNE NELLE DOMENICHE Dopo il quarto responsorio l'abate intoni l'inno Te Deum laudamus; terminato il quale l'abate faccia la lettura del vangelo, mentre tutti stanno in piedi con onore e riverenza. Al termine tutti rispondano Amen e l'abate aggiunga subito l'inno Te decet laus e, data la benedizione, comincino le Lodi mattutine. Questo schema delle Vigilie domenicali lo si mantenga invariato in tutte le stagioni, sia d'estate che d'inverno; eccetto il caso - non sia mai! - che si alzino in ritardo e allora bisognerà abbreviare qualcosa delle letture e dei responsori. Ma si abbia la massima cura che ciò non accada; se però dovesse succedere, il responsabile di tale negligenza ne faccia adeguata penitenza davanti a Dio nell'oratorio.