Il brano del vangelo di oggi è diverso per l'anno A e diverso per gli anni B e C del calendario liturgico. Siamo oggi nell'anno B. L'episodio è molto noto: l'insegnamento di Gesù fino a tardi, la stanchezza dei discepoli, poi magari la fame, perché non di sola Parola vive l'uomo... ma poi la preoccupazione dei discepoli: mandali via, cosa mangeranno... abbiamo solo cinque pani e due pesci che appena bastano a noi... A me pare che il brano di oggi rispecchia non solo l'angoscia degli apostoli ma anche quella dell'Europa di oggi. Mandiamoli via, siamo già ricchi, la campagna produce, abbiamo appena abbattuto i nostri granai per farne dei più grandi, perché ci basti per tanti anni di vita tranquilla e serena... e... quasi come l'eco ma insistente la voce di Gesù: no! voi date loro, non c'è bisogno che se ne vadano. Voi date loro da mangiare. Siete preoccupati che avete poco? Guardate, sentite cosa fare: recitò la benedizione e mangiarono a sazietà cinque mila uomini. Credo che questo di oggi è un vangelo che ci rimprovera non solo per tanti che hanno bisogno di noi ma anche che noi dobbiamo fidarci più della provvidenza di Dio. E' da un po' che mi gira sugli meandri del cervello questo pensiero: tutta questa gente è attratta da noi, viene da noi e cosa trova? Non accoglienza, non libertà, non amore... Eppure nell'antichità cos'è che convertiva al Vangelo i pagani? Non forse proprio quell'accoglienza? Non quel: "guardate come si amano?" Non la spada, non proselitismo ma la semplicità della vita e amore verso tutti, perfino verso i nemici... Fidarsi della provvidenza e dell'Amore di Dio e raccoglieremo solo di avanzi dodici ceste piene... Altrimenti? Altrimenti: stolto! questa notte stessa ti sarà richiesta l'anima. E quello che hai accumulato di chi sarà?? E' forse solo un'idea romantica del passato oppure è un vero vangelo?
"L'abba Poimen disse: 'Quando medito, tre misteri si presentano ai miei occhi: che è cosa buona pregare senza sosta in ogni tempo davanti al Signore; porre la mia morte sotto il mio sguardo, ogni momento; e pensare che quando morrò sarò gettato nel fuoco a causa dei miei peccati'" Ma Dio mi sarà misericordioso.
L'OBBEDIENZA DEI DISCEPOLI Perciò tali monaci, lasciando immediatamente le loro cose e rinunziando alla propria volontà, liberate subito le mani e lasciando incompiuto quanto stavano facendo, con piede pronto all'obbedienza, adempiono con i fatti la voce di chi comanda. E così tutte e due le cose, cioè l'ordine del maestro e la perfetta esecuzione del discepolo, si compiono insieme, prestissimo, quasi in uno stesso momento, con quella velocità ispirata dal timor di Dio: è l'anelito di camminare verso la vita eterna che li incalza. Perciò essi intraprendono la via stretta di cui il Signore dice: «Angusta è la via che conduce alla vita» (Mt 7,14); di modo che, non vivendo a proprio arbitrio e non regolandosi secondo i propri gusti e le proprie voglie, ma lasciandosi guidare dal giudizio e dal comando altrui, rimanendo stabili nel monastero, desiderano che un abate li governi. Senza dubbio uomini simili fanno proprio quel detto del Signore: «Non sono venuto a fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38).