La madre di Dio si sottomette alle prescrizioni della legge per la nascita di un bimbo da gente povera. Umiltà e obbedienza accompagnano e qualificano la sua azione. Il vecchio Simeone, dopo un’esistenza spesa al servizio di Dio, felice di poter contemplare con i suoi occhi mortali il volto del Salvatore, prende congedo dalla vita e si prepara con serenità alla morte, o meglio all’incontro con Dio. «Illuminato dallo Spirito» egli vede in quel bambino la potenza di Dio, che attraverso il mistero della sofferenza e della morte realizzerà la salvezza del mondo. Nella prima lettura Giovanni, come il resto degli scrittori neotestamentari ispirati da Dio, conosceva la potenza di Dio e il suo modo di operare nell’uomo. Egli sapeva che, quando l’amore di Dio illuminava la vita di un uomo, questo amore lo pervadeva al punto da trasformarlo, rendendolo partecipe della natura divina. L’uomo che incontra Dio diventa una nuova creatura capace di lasciare che l’amore di Dio fluisca attraverso di lui. Pertanto la presenza dell’amore di Dio in una persona non potrà fare altro che manifestarsi nel suo modo di vivere! Il dire e il fare in qualche modo devono andare insieme. Il salmo 95 proclama l’azione di Dio sul mondo, sempre ricca di nuove meraviglie. Per questo il canto di lode dev’essere ogni volta «un canto nuovo», perché di giorno in giorno venga annunziato il prodigio sempre nuovo della salvezza. Dio è con noi! Eppure molti al giorno d’oggi metterebbero in dubbio questo principio. Infatti, soprattutto nel mondo occidentale tendiamo a pensare che credere in Dio sia qualcosa di intimo, personale, quasi invisibile agli altri, indipendente dalle nostre azioni. E' invece l'espressione della nostra vita, l'espressione del nostro credere, l'espressione del nostro essere.
Disse un anziano: "non chi denigra se stesso è umile, ma chi accetta con gioia insulti e ingiurie da parte del prossimo".
LO ZELO BUONO CHE I MONACI DEVONO AVERE Come c'è uno zelo amaro e maligno (cf. Gc 3,14) che separa da Dio e conduce all'inferno, così vi è uno zelo buono che separa dai vizi e conduce a Dio e alla vita eterna. Ed è appunto in questo zelo che i monaci devono esercitarsi con intensissimo amore; e cioè: si prevengano l'un l'altro nel rendersi onore (Rm 12,10); sopportino con somma pazienza le loro debolezze sia fisiche che morali; facciano a gara nell'obbedirsi a vicenda; nessuno ricerchi il proprio vantaggio ma piuttosto quello degli altri; coltivino l'uno per l'altro un casto amore fraterno; temano Dio nellamore;
amino il loro abate con sincera e umile carità; nulla assolutamente antepongano a Cristo, il quale ci conduca tutti insieme alla vita eterna. Amen.