Il brano, che Matteo riferisce a conclusione del ministero di Gesù in Galilea, viene collocato da Luca nel contesto del viaggio di Gesù a Gerusalemme. Il regno di Dio che si realizza nel tempo e che si completerà alla fine dei tempi, capovolgerà i valori e le realtà umane, favorendo soprattutto i poveri di Dio, cioè chi è convinto della propria pochezza e nullità e si lascia colmare dalla sapienza di Dio. Gli umili e i semplici sono in comunicazione con Dio, essi «vedranno Dio». Quindi, la pagina dell’odierno Vangelo ci presenta il tema dell’umiltà, della beatitudine che si invera nel rapporto tra Dio e l’uomo. Nella prima lettura troviamo la figura del Messia sotto l’immagine di un germoglio che spunta dal tronco abbattuto della dinastia davidica e avrà le caratteristiche migliori dei grandi personaggi del passato: Salomone, Davide e Mosè. Nonostante la venuta del Messia, potremmo dubitare che si possa mai avverare la profezia di Isaia. Di fronte alla realtà che sovente presenta il sopravvento di violenti e prepotenti, l’aumento di poveri e di oppressi, di perseguitati e di emarginati, siamo tentati di sfiducia. Anche per i discepoli (oggi diremmo i laici) sarà possibile partecipare alle virtù di tali personaggi, poiché lo stesso Spirito soffierà su di loro. Dio ha voluto che anche noi, mediante i sacramenti, ricevessimo il dono dello Spirito di cui egli possiede la pienezza. In particolare abbiamo bisogno dello Spirito di sapienza e di intelligenza per comprendere e leggere negli avvenimenti del mondo d’oggi la realizzazione dell’opera divina. Il Salmo 71 è la preghiera di un anziano che «fin da giovane» nel Signore ha posto la sua speranza. Il suo lamento, tutto intriso di fiducia e serenità, pone in parallelo un passato proteso verso Dio, rifugio, salvezza, roccia e un presente intessuto di ostilità, di un affievolirsi delle forze. Eppure questo anziano attende ancora un futuro di liberazione nonostante l’esiguità degli anni. La parola di Dio ci ridà la speranza e ci fa intravedere una umanità rinnovata, pacifica e fraterna. Il Signore ce lo conceda.
Abba Evagrio disse: "È grande cosa pregare senza distrarsi, più grande ancora salmodiare senza distrarsi".
I SACERDOTI DEL MONASTERO Se avesse la presunzione di comportarsi diversamente, venga ritenuto non sacerdote ma ribelle; e se, ripreso più volte, non si sarà corretto, si faccia intervenire come testimone anche il vescovo. Se poi neppure così si emenderà e anzi le sue colpe si faranno sempre più manifeste, sia cacciato dal monastero; solo nel caso però che sia tanto ostinato da rifiutare di sottomettersi e di obbedire alla Regola.