Nella lettura tratta dal libro della Genesi, troviamo una madre troppo premurosa verso un figlio, un inganno perpetrato nei riguardi di un cieco, la bestemmia contro Jahvé (v. 20), insomma una losca faccenda famigliare in cui la grandezza dei racconti riguardanti Abramo si è persa definitivamente. Nella lotta per la benedizione un solo punto rimane fermo: Dio si serve anche della malizia e delle ambiguità di certe azioni per attuare il suo piano: Giacobbe diviene l’erede della promessa. Il Vangelo, invece, presenta una promessa che si è attuata in Cristo Signore. In tal modo, non ha senso la dìsputa sul digiuno, introdotta dai discepoli di Giovanni, perché il tempo della salvezza si è compiuto e tutto ciò che è vecchio non può e non deve essere più usato. Gesù è lo sposo che invita il suo popolo al banchetto di nozze nel suo regno. Così, egli si pone come Colui in cui trovano compimento tutte le scritture: Egli è la benedizione di Dio in atto!
Non è necessario dire tutto quel che si pensa; ma è necessario pensare tutto quel che si dice.
PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO Concludendo così le sue parole, il Signore attende che ogni giorno noi rispondiamo coi fatti alle sue sante esortazioni. Ed è appunto per emendarci dai nostri vizi che ci vengono concessi in proroga i giorni di questa vita, secondo il detto dell'apostolo: «Non sai che la pazienza di Dio ti spinge alla conversione?» (Rm 2,4). E infatti il misericordioso Signore dice: «Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva» (Ez 33,11). Quando dunque, fratelli carissimi, abbiamo chiesto al Signore chi avrebbe abitato nella sua tenda, abbiamo inteso le condizioni per potervi dimorare; ma solo se adempiremo i doveri di chi vi risiede saremo eredi del regno dei cieli.