Il valore di una persona ai nostri giorni la si misura dalle capacità di cui è dotata e soprattutto dall'efficienza. Su questa scia è maturata una nuova eresìa moderna quella che chiamiamo efficientismo. È stata violentemente contestata dallo stesso Signore: egli ha dato il massimo del suo amore nell'immolazione e nell'immobilità totale della croce. Ciò nonostante, noi continuiamo a pensare che anche nei confronti del Signore possiamo esprimerci al massimo quando il nostro agire per lui può esprimersi al meglio. Siamo quasi istintivamente tifosi di Marta che si occupa e si preoccupa per molte cose, che vuole con zelo dare la migliore accoglienza al Signore e ai suoi discepoli. Saremmo tentati anche noi di rimproverare Maria che, prostrata ai piedi di Gesù, si bea delle sue parole e della sua presenza? Spesso i devoti, gli asceti, i mistici sono ritenuti dei fannulloni. Anche nei confronti di noi monaci, chiusi nei nostri monasteri, spesso nei posti isolati dal mondo, molti ci chiedono che cosa facciamo lì, dentro. Simpatica la risposta di un giovane monaco che rimbalzò la domanda, chiedendo ad un visitatore: «Ma voi che fate fuori?». È difficile effettivamente per le persone del nostro secolo capire ed approvare un mondo che non conoscono, il mondo dello spirito, lo spendere la vita per Cristo, mettersi in un atteggiamento di continuo e docile ascolto del Signore, per cercare di conoscere e compiere la sua volontà. Il Signore Gesù ha posto con chiarezza cosa significhi guadagnare o perdere la propria vita: i consacrati, i religiosi, i più ferventi cristiani danno l'impressione di perdere la propria vita per donarla senza riserve a Dio, ma poi il mondo ne resta affascinato, quando scorge la santità autentica, anche se non sempre sa trarne le dovute conseguenze. Per fortuna abbiamo molti testimoni e santi al di fuori del mondo cosiddetto "religioso" e gli ultimi papi, a cominciare da San Giovanni Paolo II, con tante beatificazioni e canonizzazioni dei laici, ha dimostrato che la santità non è più confinata nei conventi o riservata a particolari categorie, ma può essere raggiunta da chiunque cerca davvero Dio, anche da una semplice mamma o da due coniugi. Ecco allora che le due sorelle, protagoniste del vangelo di oggi, più che vederle in contrapposizione o competizione tra loro, le dobbiamo vedere come due modi diversi di dare la migliore accoglienza a Cristo: o servendolo a tavola o ascoltando la sua Parola. Resta comunque inconfutabile che Maria si è scelta la parte migliore, in lei predòmina il bisogno di un nutrimento che alimenta la sua anima.
Disse abbà Longino: «Da' il sangue e ricevi lo Spirito»
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE Quando dunque uno assume il titolo di abate, deve guidare i suoi discepoli con un duplice insegnamento: cioè, tutto quello che è buono e santo mostrarlo più con i fatti che con le parole; in modo da proporre con le parole i comandamenti del Signore ai discepoli più maturi, invece ai duri di cuore e ai più rozzi mostrare con il suo esempio i precetti divini. Quanto poi avrà indicato ai suoi discepoli come contrario alla legge di Dio, dimostri con la sua condotta che bisogna evitarlo, perché non gli accada che, mentre predica agli altri, non sia trovato riprovevole proprio lui (cf. 1 Cor 9,27), e che un giorno Dio non debba dirgli a causa dei suoi peccati: «Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che detesti la disciplina e le mie parole te le getti alle spalle?» (Sal 49,16-17); e ancora: «Tu osservavi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, ma non ti sei accorto della trave che era nel tuo» (Mt 7,3).