Gesù eucaristia oggi esce umilmente dai tabernacoli e dalle chiese per essere portato in processione per le strade del mondo: ciò è dettato dal desiderio, dalla fede e dalla devozione dei fedeli che vogliono percepire ancora più intensamente, viva e pulsante la presenza del Cristo, come quando percorreva duemila anni fa le strade della Palestina. Vogliamo farlo immergere di nuovo nel cuore del mondo per fargli sentire da vicino l'urgenza della sua rinnovata presenza tra noi. E' sicuramente anche il canto della gratitudine e della lode della chiesa militante, dei pellegrini della terra, che lo, seguono imploranti e devoti. E' anche una presa di coscienza di tutto il cammino che ci ha fatto percorrere dal deserto delle nostre povertà, dalla condizione servile, nutrendoci di Pane e d'amore e riscattandoci a prezzo del suo sangue. Da quell'Ostia consacrata, da quella prima misteriosa Cena, sgorga come un memoriale, la nostra comunione con Cristo e la vera fraternità tra gli uomini. Quel pane di vita spezzato e moltiplicato sugli altari del mondo, sfama ancora la fame più acuta dell'umanità. È garanzia d'immortalità, è recupero pieno della dignità filiale, è fonte inesauribile d'amore divino che si riversa nel cuore dell'uomo. Non bisognerebbe attendere la solennità annuale odierna per ricordarci di queste verità: per troppo tempo Gesù rimane forzatamente recluso negli angusti tabernacoli delle nostre chiese. Egli chiede di abitare tra gli uomini, di vivere in comunione con ciascuno di noi, di condividere la nostra esistenza per rinvigorirla, per nobilitarla, per condurla all'approdo finale, alla mensa di Dio. Ci aspetta. RispondiamoGli con generoso abbraccio d'amore.
Si lamentò il monaco Giovanni al padre spirituale: quando eravamo a Scete la nostra principale occupazione era quella dell'anima, mentre il lavoro manuale era un'occupazione secondaria. Ma ora il lavoro dell'anima e divenuto secondario e il lavoro secondario è divenuto il principale che oscura Dio.
IL PRIORE DEL MONASTERO Se il priore si mostra vizioso o, dominato dalla vanagloria, monta in superbia o disprezza apertamente la santa Regola, sia ammonito a parole fino alla quarta volta; se non si corregge, sia sottoposto alla punizione della disciplina regolare. Se neppure così si sarà corretto, allora sia tolto dall'ufficio di priore e al suo posto si metta un altro che ne sia degno. E se in seguito non starà quieto e obbediente in comunità, sia anche cacciato dal monastero. Però l'abate ricordi che di tutti i suoi giudizi dovrà rendere conto a Dio: non succeda che il fuoco dell'invidia o della gelosia gli bruci l'anima.