Invocare gli eventi escatologici nel contesto contemporaneo fa spesso paura e non ne vogliamo sentire parlare. Quante volte, specialmente in questi giorni, ci spaventa il pensiero della morte? Mentre la morte arriva “quando non ci siamo più”, come dicono i filosofi... E una paura fondata perché, dal punto di vista umano, non sappiamo nulla di quel momento, né cosa ci aspetta. Un semplice esempio di uno studente difronte agli esami ci può aiutare perfettamente a cogliere il messaggio di oggi. Perché può capitare che prima dell’esame lo studente accumula più paura che materia. Ma l’esito finale dipende dalla prepazione. Quindi anche per la vita futura tutto si gioca quaggiù! Il Vangelo di oggi affronta esattamente questo mistero e getta luce su quel buio raccontandoci con precisione su cosa dovremmo fare i conti. Madre Teresa di Calcutta diceva che alla sera della nostra vita saremo giudicati secondo l’amore. È infatti nelle parole di questo finale che possiamo riflettere sull’essenziale del nostro cammino terreno: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”. L’essenziale è essersi accorti dei piccoli cioè dei poveri e dei bisognosi che ci stanno accanto, perché solo quando ci accorgiamo che esiste qualcosa di diverso da noi stessi allora siamo liberi dall’egoismo. Quindi ogni tanto bisogna alzare lo sguardo perché quando siamo troppo concentrati su di noi stessi non riusciamo mai ad essere felici, perché troppo occupati a riempire le nostre vacuità e quindi non ci accorgiamo che ci sono anche altre realtà. La carità però non consiste soltanto nel fare del bene agli altri, ma questa è la vita veramente umana e cristiana ma anche la chiave della felicità. Ci auguriamo che questo tempo di quaresima sia un momento opportuno per svegliare il nostro senso di carità sia cioè un momento di ritorno all’essenziale.
Pregare per gli altri «Un fratello fece visita ad un anziano che aveva il dono del discernimento e lo supplicò con queste parole: "Prega per me, padre, perché sono debole". L'anziano gli rispose: "Uno dei padri una volta ha detto che chi prende dell'olio in mano per ungere un malato, trae giovamento lui per primo, dall'unzione fatta con le sue mani. Così chi prega per un fratello che soffre, prima ancora che questi ne tragga giovamento, lui stesso ha la sua parte di guadagno, a causa del suo intento di amore. Fratello mio, preghiamo dunque gli uni per gli altri, per essere guariti, perché Dio stesso ce lo ha ordinato attraverso l'apostolo"».
IN QUALI TEMPI SI DICE L'ALLELUIA Dalla santa Pasqua fino a Pentecoste si dica sempre l'Alleluia sia nei salmi che nei responsori; da Pentecoste invece fino all'inizio della Quaresima lo si dica ogni notte soltanto con gli ultimi sei salmi dell'Ufficio notturno. Ogni domenica poi fuori del tempo quaresimale i cantici dell'Ufficio notturno, le Lodi, Prima, Terza, Sesta e Nona si dicano con l'Alleluia; ai Vespri invece non si dica. Ma i responsori non si dicano con l'Alleluia se non da Pasqua a Pentecoste.