Nel vangelo di oggi si nota subito l’impatto della missione dei Dodici che tocca anche Erode Antipa. Cosa possiamo imparare da questa fine del Battista? Certamente la morte di Giovanni è prefigurazione della morte di Gesù. Lo scandalo denunciato dal Battista riguardava la convivenza con la cognata, proprio proibita dalla legge. Per questo Giovanni fu gettato in prigione, dava fastidio, era di scomodo! Facendolo fuori non hanno potuto però eliminare la verità delle cose. In un mondo in cui, per comodo proprio o per politica si tace la verità, Giovanni ha il coraggio di dire a Erode la verità: non puoi vivere con l’amante, moglie di tuo fratello. Oggi quanti ormai fanno la fine del Battista? Il cardinale congolese Malula diceva che è meglio morire che crocifiggere la verità. Pensandoci bene... forse il Battista è l’unico che ha voluto bene a Erode, perché dire a qualcuno la verità significa volergli bene. Questa è la sfida di oggi, quando si pensa di salvare una pace illusoria spesso si fa finta di non vedere, di non accorgersi, di non parlare. E questa è l’ipocrisia! Quante volte diciamo alle persone quello che non sonno per farle piacere e forse anche cerchiamo gli amici tra quelli che la pensano solo come noi? Purtroppo questo atteggiamento sta invadendo anche la Chiesa, la vita religiosa, i luoghi di lavoro, le famiglie… la tentazione di circondarsi di quelli che la pensano come noi è una prova della crisi antropologica ma anche spirituale. Ma la verità, prima o poi, viene sempre a galla quindi è inutile sfuggirle come accadde a Erode. “Il re Erode udì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato ben conosciuto. Alcuni dicevano: «Giovanni il battista è risuscitato dai morti; è per questo che agiscono in lui le potenze miracolose». Altri invece dicevano: «È Elia!» Ed altri: «È un profeta come quelli di una volta». Ma Erode, udito ciò, diceva: «Giovanni, che io ho fatto decapitare, lui è risuscitato!»”. Sembrerebbe poi che, oltreché per la verità, Giovanni è stato ucciso da Erode semplicemente per fare piacere ad Erodiade, sua amante. Ma in fondo, il vero morto è lui, Erode, anche se non lo sa, perché è schiavo del peccato.
"L'abba Poimen disse: 'Quando medito, tre misteri si presentano ai miei occhi: che è cosa buona pregare senza sosta in ogni tempo davanti al Signore; porre la mia morte sotto il mio sguardo, ogni momento; e pensare che quando morrò sarò gettato nel fuoco a causa dei miei peccati'" Ma Dio mi sarà misericordioso.
L'OBBEDIENZA DEI DISCEPOLI Perciò tali monaci, lasciando immediatamente le loro cose e rinunziando alla propria volontà, liberate subito le mani e lasciando incompiuto quanto stavano facendo, con piede pronto all'obbedienza, adempiono con i fatti la voce di chi comanda. E così tutte e due le cose, cioè l'ordine del maestro e la perfetta esecuzione del discepolo, si compiono insieme, prestissimo, quasi in uno stesso momento, con quella velocità ispirata dal timor di Dio: è l'anelito di camminare verso la vita eterna che li incalza. Perciò essi intraprendono la via stretta di cui il Signore dice: «Angusta è la via che conduce alla vita» (Mt 7,14); di modo che, non vivendo a proprio arbitrio e non regolandosi secondo i propri gusti e le proprie voglie, ma lasciandosi guidare dal giudizio e dal comando altrui, rimanendo stabili nel monastero, desiderano che un abate li governi. Senza dubbio uomini simili fanno proprio quel detto del Signore: «Non sono venuto a fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38).