Il Vangelo di questa seconda domenica del tempo ordinario, ci descrive un episodio conosciuto, quello delle nozze di Cana. E' uno dei pochi passi del Nuovo Testamento in cui si parla di Maria. Due bravi pensieri accompagneranno la nostra meditazione di oggi. Il primo si sofferma sulla figura di Maria, anche se più che mariano questo brano di Giovanni è piuttosto cristologico. Perché parla della manifestazione, dell’epifania, che svela già l’identità di Gesù. Infatti alla supplica di Maria: non hanno vino, Gesù controbatte: donna non è ancora giunta la mia ora. L’ora di cui parla Gesù è infatti quella della glorificazione sulla croce. Ma Maria conoscendo chi era suo figlio, perché più che madre, lei è anche prima discepola, insiste dicendo: qualsiasi cosa vi dicrà, fàtela! Chi non si può commuovere dinanzi a questa sensibilità della Madre? Che con sottigliezza tutta femminile, ha avvertito il rammarico degli sposi, a causa della carenza del vino, e ha "costretto" il figlio ad agire contro la propria volontà? Pare certo però, che la finalità di Giovanni non fosse quella di mettere in evidenza la prontezza di Maria a favore degli uomini, o la potenza della sua intercessione presso il figlio, quanto quella di presentarla come colei che introduce sul banchetto della storia non solo i boccali della festa, ma anche i primi fermenti della novità. Il secondo pensiero mette in risalto un inciso che colpisce particolarmente: il vino migliore è l’ultimo, quello distribuito alla fine, e "prodotto" miracolosamente da Gesù su richiesta di sua madre. Il capotavola lo dice con un certo stupore allo sposo: hai riservato il meglio delle tue riserve proprio al termine del banchetto, quando tutti ormai sono brilli. Carissimi amici, ci auguriamo che non cadiate nell’inganno di chi pensa che l’amore più forte e più bello tra gli sposi novelli sia quello che provano il giorno del matrimonio. Perché il meglio deve ancora arrivare. Sì, il vino diventa più buono invecchiando. Nel contesto attuale, della pandemia, che non risparmia nessuno, le parole di Papa Francesco riguardo il segno di Cana, fanno riflettere e nello stesso tempo sono di grande aiuto. Dice il Papa: “Le nozze di Cana si rinnovano in ogni generazione, in ogni famiglia, in ognuno di noi e nei nostri sforzi perché il nostro cuore riesca a trovare stabilità in amori duraturi, in amori fecondi, in amori gioiosi. Il vino è segno di gioia, di amore, di abbondanza. Quanti adolescenti e giovani percepiscono che nelle loro case ormai da tempo non c’è più quel vino! Quante donne sole e rattristate si domandano quando quell’amore se n’è andato, quando l’amore è colato via dalla loro vita!”. Chiediamo alla Madre Santissima: "non abbiamo più vino"... ma facciamo anche "quello che egli ci dirà".
Disse abbà Longino: «Da' il sangue e ricevi lo Spirito»
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE Quando dunque uno assume il titolo di abate, deve guidare i suoi discepoli con un duplice insegnamento: cioè, tutto quello che è buono e santo mostrarlo più con i fatti che con le parole; in modo da proporre con le parole i comandamenti del Signore ai discepoli più maturi, invece ai duri di cuore e ai più rozzi mostrare con il suo esempio i precetti divini. Quanto poi avrà indicato ai suoi discepoli come contrario alla legge di Dio, dimostri con la sua condotta che bisogna evitarlo, perché non gli accada che, mentre predica agli altri, non sia trovato riprovevole proprio lui (cf. 1 Cor 9,27), e che un giorno Dio non debba dirgli a causa dei suoi peccati: «Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che detesti la disciplina e le mie parole te le getti alle spalle?» (Sal 49,16-17); e ancora: «Tu osservavi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, ma non ti sei accorto della trave che era nel tuo» (Mt 7,3).