La «legge del taglione», occhio per occhio, dente per dente, era ed è ancora una norma basilare di giustizia che stabilisce una equa proporzione tra l'entità dell'offesa e la risposta di chi la subisce. Una norma di giustizia che esclude però ogni principio di perdono e di amore fraterno. Cristo, che è venuto non ad abolire, ma a dare compimento, scandisce il principio nuovo che sgorga dalla sua persona e dal suo annuncio di misericordia. «Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra». È un corollario alla legge dell'amore, una logica conseguenza derivante dal fatto che Dio ci ha amati per primo e Cristo è venuto tra noi non per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi. La gratuità dell'amore divino, riversato su di noi mentre eravamo suoi nemici a causa del peccato, deve indurci ad essere disposti a porgere l'altra guancia quando qualcuno ci percuote. Se non avessimo l'esempio luminoso di Cristo che nella sua passione subisce come un agnello docile e mansueto le torture di ogni genere che gli vengono inflitte e che risponde con il perdono alla crudele crocifissione, potremmo pensare ad una esagerazione e ritenere impraticabile la sua proposta. Invece egli ci dice: «Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi». È quel «come» che ci mette in crisi; dobbiamo amare e perdonare come ha fatto Gesù con noi. Fortunati noi che abbiamo la certezza nella fede, non solo di dover amore a Dio e al prossimo, ma di essere noi amati da lui: «Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi» e poi aggiunge «Rimanete nel mio amore». Ecco dunque la felice realtà che rende possibile quella apparente arrendevolezza, che diventa il motivo della nostra vittoria. La nostra è la non violenza, che ha affascinato molti e ha formato la schiera dei santi. L'unica violenza che è consentita a noi cristiani è quella dell'amore portata fino all'eroismo. Dobbiamo però fare i conti con la nostra povertà, dobbiamo per questo talvolta subire l'ingiustizia degli uomini perché trionfi quella di Dio. Non siamo ancora riusciti a far nascere nel nostro mondo la civiltà dell'amore e le vittime della violenza scatenano ancora dentro di noi le peggiori reazioni. Dobbiamo volgere ancora lo sguardo a Colui che hanno trafitto e allora le trafitture che la vita ci riserva potranno diventare i segni visibili della nostra vittoria. Sono discorsi di livelli alti di spiritualità, di santità, ma santità verso la quale, senza differenze, tutti siamo chiamati. Chiediamo la luce divina per poterlo capire e soprattutto vivere.
Un fratello disse al padre: "se cado in qualche misera colpa, il mio pensiero mi consuma e mi condanna, 'dicendomi perché sei caduto?'" Disse a lui l'anziano: "nel momento in cui l'uomo cade in una mancanza e dice: 'ho peccato!', subito trova quiete".
L'ELEZIONE DELL'ABATE Non sia agitato e apprensivo, non sia pignolo e ostinato, non sia geloso e troppo sospettoso, altrimenti non avrà mai pace. Negli stessi comandi sia previdente e ponderato, tanto se la cosa è di carattere spirituale quanto se è di carattere materiale; negli ordini che dà agisca con discernimento e moderazione, tenendo presente la discrezione del santo Giacobbe quando diceva: «Se faccio stancare troppo a camminare le mie pecore, mi moriranno tutte in un solo giorno» (Gen 33,13 Volg.).