Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
28 Marzo - 03 Aprile 2021
Tempo di Quaresima VI, Colore rosso
Lezionario: Ciclo B, Salterio: sett. 2

Commento alle Letture

Sabato 03 aprile 2021

Non ci sono celebrazioni oggi: la Chiesa rivive il mistero della sepoltura di Gesù.

Anche oggi non ci sono celebrazioni, se non la Liturgia delle Ore ai piedi della Croce, insieme ai sacramenti della Penitenza e dell'Unzione degli infermi. Si può amministrare il Viatico ai moribondi.
La Chiesa rivive il mistero della sepoltura di Gesù. Si celebra il riposo del Giusto nella speranza della risurrezione, e perciò merita un'attenzione particolare, specialmente nella preghiera che interrompe il silenzio, proprio di questo giorno, la cui discesa agli inferi, cioè nel regno della morte, ha il significato di richiamarci il valore universale della salvezza che si è manifestata a tutti gli uomini che hanno preceduto il Redentore. Gesù ha voluto condividere questo destino umano, al di là della morte, dato che la valenza della sua incarnazione comportava che egli vivesse fino in fondo la sua solidarietà con l'umanità, caduta nel peccato. Ma anche al di fuori del Sabato santo, noi pure possiamo partecipare a questo stato di morte in molte esperienze di vita cristiana: quando ci sentiamo abbandonati da tutti e più nulla ha senso; quando tutto intorno a noi crolla e ci manca un futuro; quando l'aridità interiore giunge perfino a farci dubitare dell'esistenza di Dio; allora dobbiamo essere sostenuti da una fede che crede nonostante tutto, come le donne che indugiano presso il sepolcro del loro amato Signore.

Cristo per noi si è fatto obbediente sino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha innalzato, e gli ha dato il nome che è sopra ogni altro nome.

La Grande Veglia di notte appartiene al Giorno di Pasqua.
Vedi qui: VEGLIA DI PASQUA


La discesa agli inferi del Signore

Da un'antica «Omelia sul Sabato santo». - anonimo

Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi. Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione. Il Signore entrò da loro portando le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuotendosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: «Sia con tutti il mio Signore». E Cristo rispondendo disse ad Adamo: «E con il tuo spirito». E, presolo per mano, lo scosse, dicendo: «Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà. Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un'unica e indivisa natura. Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi son diventato libero tra i morti. Per te, che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai Giudei, e in un giardino sono stato messo in croce. Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta. Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all'albero. Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire. Eva dal tuo fianco. Il mio costato sanò il dolore del tuo fianco. Il mio sonno ti libererà dal sonno dell'inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te. Sorgi, allontaniamoci di qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Ti fu proibito di toccare la pianta simbolica della vita, ma io, che sono la vita, ti comunico quello che sono. Ho posto dei cherubini che come servi ti custodissero. Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio. Il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l'eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli». (Pg 43, 439. 451. 462-463).

Apoftegmi - Detti dei Padri

L'abba Antonio predisse all'abba Amun: «Tu farai molti progressi nel timore di Dio». Poi lo condusse fuori dalla cella e gli mostrò una pietra: «Mettiti a ingiuriare questa pietra», gli disse, «e colpiscila senza smettere». Quando Amun ebbe terminato, sant'Antonio domandò se la pietra gli avesse risposto qualcosa. «No», disse Amun. «Ebbene! anche tu», aggiunse l'anziano, «devi raggiungere questa perfezione».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

SE I MONACI POSSONO AVERE ALCUNCHÉ DI PROPRIO

Nel monastero bisogna estirpare fin dalle radici soprattutto questo vizio: che nessuno ardisca dare o ricevere qualcosa senza il permesso dell'abate; né avere alcunché di proprio, nulla nel modo più assoluto: né libro, né tavolette, né stilo, proprio niente insomma; dal momento che ai monaci non è lecito disporre nemmeno del proprio corpo e della propria volontà. Tutto il necessario invece lo devono sperare dal padre del monastero; e non sia lecito avere alcuna cosa che l'abate non abbia data o permessa. Tutto sia comune a tutti - come sta scritto - e nessuno dica o ritenga qualcosa come sua proprietà (At 4,32). E se si scoprirà un fratello che asseconda questo pessimo vizio sia ripreso una prima e una seconda volta; se non si corregge, sia sottoposto alla disciplina regolare.

Cap.33,1-8.