Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
28 Marzo - 03 Aprile 2021
Tempo di Quaresima VI, Colore rosso
Lezionario: Ciclo B, Salterio: sett. 2

Commento alle Letture

Domenica 28 marzo 2021

Il trionfo che dura per l’eternità.

Le palme in segno di vittoria, i mantelli stesi a terra, i festosi osanna dei bambini e del popolo, la trionfale processione che acclama Cristo Gesù, re dei re e Signore dei signori! Viene spontaneo a tutti noi aggregarci a quella folla festosa, associarci a quei canti, partecipare a quel trionfo. Finalmente, verrebbe da dire! Dopo tante contestazioni, dopo tante insidie tramate contro Gesù, è arrivato il momento di proclamarlo osannando, vero re e Messia, figlio di Dio, come Colui che viene nel nome del Signore. Purtroppo è di brevissima durata questa festa. La liturgia e la verità della storia ci obbligano a leggere gli eventi in modo completo e sapienziale: il percorso verso il trionfo deve passare attraverso la dura esperienza della passione, della croce e della morte: questo è l’arcano disegno dell’Altissimo, questa è l’”opera” già adombrata nella figura profetica del servo sofferente, preannunciata da secoli e compiuta in Cristo redentore. San Paolo ci ricorda questo misterioso percorso: “Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”. La regalità di Cristo si esprime in questo annientamento, in questa totale spogliazione, nel farsi servo e schiavo in una profondissima e completa umiliazione e tutto questo per cancellare e redimere la nostra umana presunzione che ci ha indotto e ci induce al peccato. Sì, per questa via, per la via della croce, si realizza la vera suprema e perenne regalità di Cristo: “Per questo, conferma San Paolo, Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre”. Ormai tutta la storia, quella dell’umanità, quella della Chiesa e quella di ognuno di noi è segnata definitivamente dalla passione di amore che il Figlio di Dio ha patito ed offerto per noi. Con una violenza che ci aiuta a capire con quanto amore il buon Dio ci ha soccorso, quale danno ha prodotto in noi il peccato, quale meravigliosa possibilità di recupero ci viene offerto. Più che mai per essere partecipi di quella divina e umana regalità, dobbiamo fissare lo sguardo dell’anima a Colui che abbiamo trafitto e con grande e doverosa umiltà piegarci dinanzi al crocifisso e proclamare che Gesù è il nostro, il mio Re e Signore. Così proclamiamo anche la gloria di Dio Padre e la sua infinita misericordia. Così immersi nella morte e nella croce, attratti dal Crocifisso, possiamo essere veramente partecipi della sua gloriosa risurrezione, della sua regalità e del suo sacerdozio. Possiamo vivere una santa Pasqua.


Secondo le indicazioni della CEI la benedizione delle palme deve svolgersi senza la processione solenne. I fedeli rimangono nei banchi e il corteo viene rappresentato dal servizio liturgico. Tutto debba svolgersi con massima attenzione e osservanza delle norme sanitarie.

Apoftegmi - Detti dei Padri

L'abate Giovanni ha detto: «Questa parola è scritta nel Vangelo: "Quando Gesù chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro, le sue mani e i suoi piedi erano legati e il suo viso cinto da un lino; Gesù lo sciolse e lo congedò. Noi dunque abbiamo le mani e i piedi legati e il nostro viso è stato coperto con un lino dalle mani del nemico? Se dunque ascoltiamo Gesù, Egli ci slegherà da tutto questo e ci libererà dalla schiavitù di tutti questi cattivi pensieri. Saremo allora figli del Signore, riceveremo le promesse in eredità e saremo figli del Regno Eterno».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

SE I FRATELLI USCITI DAL MONASTERO DEVONO ESSERE ACCETTATI DI NUOVO

Se un fratello, che per propria colpa ha lasciato il (o è stato espulso dal) monastero, vorrà rientrare, prima prometta di emendarsi totalmente del difetto per cui è uscito; e allora sia accettato, ma all'ultimo posto per provare così la sua umiltà. Se poi uscirà di nuovo, potrà essere riammesso alle stesse condizioni fino alla terza volta; ma sappia che in seguito gli sarà negata ogni possibilità di ritorno.

Cap.29,1-3.