La liturgia odierna ci presenta un episodio drammatico del ricco epulone e Lazzaro, il povero. Un incontro che tocca la nostra coscienza, soprattutto nella nostra vita o esperienza quotidiana e, quindi, ci proietta nel nostro domani. In questo episodio troviamo il ricco che ha trascurato completamente il primo dei comandamenti del Signore, cioè quello di amare Dio e il prossimo. Per lui, la vita era fondata sui suoi beni materiali: ricchezze, vestiti, banchetti. Niente da offrire al suo Signore e al suo prossimo. L'uomo ricco ci fa intendere che non portava nel cuore la legge della carità o dell'amore ma quella antica, cioè quella del taglione, occhio per occhio e dente per dente. Era un ricco cieco e sordo al grido amaro del prossimo. "Maledetto dunque, l'uomo che confida in se stesso, canta il salmista". Di fronte alla morte il ricco e il povero sono però uguali. La morte colpisce entrambi. Muore l'uno, il mendicante, come muore l'altro, il benestante. La novità è che i loro destini sono differenti, anzi si invertono rispetto alle loro situazioni sulla terra, solo che questa volta per l'eternità. La parabola si eleva dall'orizzonte terrestre a contemplare ciò che avviene dopo la morte. Il ricco non l'ha curato, Dio al contrario lo tratta con tutti gli onori: è scortato dagli spiriti celesti nel suo viaggio verso il seno di Abramo. Si capisce che per il Signore la vita di questo poveraccio, toccato da un duro destino terrestre, è molto preziosa e merita ogni rispetto. La parola di Gesù rivela una grande verità e offre un'indiscussa consolazione per i poveri, che sulla terra non ricevono altro che la sofferenza e indifferenza, ma che possono contare pienamente sulla bontà di Dio. Con l'immagine del banchetto festoso viene descritta la pienezza e la gioia di cui è intessuta la vita dell'aldilà. Abramo, amico di Dio e padre del popolo d'Israele, è colui che presiede alla mensa celeste. Lazzaro, che giaceva tra la sporcizia della strada e che aveva come compagni i cani, riceve ora un posto d'onore, accanto ad Abramo, in comunione cordiale e fiduciosa con lui. La Vergine Maria ha ragione di cantare nel Magnificat "Il Signore ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote". Il cristiano deve ricordare sempre che la vita non si esaurisce nel breve scorcio dell'esistenza terrena, nel possesso delle ricchezze, ma dura in eterno, nella comunione con Dio in cielo.
La lotta della preghiera. «I fratelli chiesero al padre Agatone: "Padre, nella vita spirituale quale virtù richiede maggior fatica?". Dice loro: "Perdonatemi, ma penso che non vi sia fatica così grande come pregare Dio. Infatti, quando l'uomo vuole pregare, i nemici cercano di impedirlo, ben sapendo che da nulla sono così ostacolati come dalla preghiera. Qualsiasi opera l'uomo intraprenda, se persevera in essa, possederà la quiete. La preghiera invece richiede lotta fino all'ultimo respiro"».
COME CELEBRARE LE LODI MATTUTINE NEI GIORNI FERIALI Nei giorni feriali le Lodi mattutine si celebrino in questo modo: si dica il salmo 66 senza antifona, rallentando un po' come la domenica, in modo che tutti si trovino presenti al salmo 50 da dirsi con l'antifona. A questo seguiranno altri due salmi secondo la consuetudine e cioè: al lunedì, i salmi 5 e 35; 5al martedì, il 42 e il 56; 6al mercoledì, il 63 e il 64; 7al giovedì, l'87 e l'89; al venerdì, il 75 e il 91; al sabato, il salmo 142 e il cantico del Deuteronomio diviso in due Gloria. 10Negli altri giorni il cantico dei Profeti si dica ciascuno al giorno suo, secondo l'uso della Chiesa Romana. Seguano quindi le laudes (i salmi 148-149-150), una lettura dell'Apostolo da recitarsi a memoria, il responsorio, l'inno, il versetto, il cantico del Vangelo, la litania; e così si termini.