L'atteggiamento del profeta Isaia è sintomatico e sempre attuale e ricorrente: egli si trova di fronte ad una situazione drammatica e miserabile del suo popolo, egli li invita alla conversione, all'attesa messianica che è il fondamento perenne ed efficace, perché colui che viene è bontà infinita, viene a liberare a rispondere al grido di implorazione del popolo e a dimostrare la grande disponibilità del Padre Celeste. È un invito perenne alla speranza, anche quando la disperazione potrebbe sembrare la più logica delle reazioni umane. Tutto questo appare anche nel vangelo di oggi. Gesù è visto all'opera, sente la compassione della folla, cura vari tipi di malattia. L'evangelista Matteo, prendendo spunto da questa grande generosità del Signore, sottolinea che gli apostoli poi sono chiamati a prolungare l'opera di Cristo, a svolgere la missione salvifica, sotto la potenza di Dio, l'attività che diventa un'opera missionaria simile alla sua. Anche gli apostoli di oggi hanno ancora il compito di raccogliere i gemiti dell'umanità sofferente e tramutarli in supplica al Signore. Il cristiano non prega mai solo per se stesso e per la sua cerchia affettiva, ma con la sua preghiera spazia per il mondo e, unito a Cristo, per l'umanità invoca la salvezza.
Abba Evagrio disse: "È grande cosa pregare senza distrarsi, più grande ancora salmodiare senza distrarsi".
I SACERDOTI DEL MONASTERO Se avesse la presunzione di comportarsi diversamente, venga ritenuto non sacerdote ma ribelle; e se, ripreso più volte, non si sarà corretto, si faccia intervenire come testimone anche il vescovo. Se poi neppure così si emenderà e anzi le sue colpe si faranno sempre più manifeste, sia cacciato dal monastero; solo nel caso però che sia tanto ostinato da rifiutare di sottomettersi e di obbedire alla Regola.