La vita, l'esistenza, la fede, tutto quello che siamo e di cui godiamo, l'abbiamo ricevuto in dono gratuito. È talmente evidente la gratuità che può indurci perfino a pensare che tutto sia "normale" e che tutto ci sia dovuto. Ne siamo beneficiari dalla nostra nascita e tutto è nato con noi. La vita nel suo svolgersi quotidiano ci ha ulteriormente convinti di tanti doni, man mano che esercitavamo le nostre facoltà fisiche e spirituali. Ci siamo così impossessati in modo stabile dei doni fino a ritenerli definitivamente nostri. Se i doni sono gratuiti e ci appartengono ciò non significa che possiamo farne un uso esclusivo personale: dobbiamo costantemente ricordarci che ci sono stati affidati dal Signore e tutto deve essere orientato per la sua gloria. Egli si attende quindi legittimamente che portino frutti e si moltìplichino. Dobbiamo rendere conto a Colui che ce li ha affidati e che ha riposto in noi la sua fiducia. Arriva poi, anche se inatteso, il momento del rendiconto. Non ha importanza se ci sono stati dati cinque, tre o un solo talento: i doni di Dio sono sempre preziosissimi e di un valore incalcolabile. Ognuno è responsabile di quanto ha ricevuto, ognuno deve sentirsi impegnato ad impiegarlo nel modo migliore. Solo a queste condizioni potremmo sentirci ripetere: "Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". La ricompensa per la alacre fedeltà è infinitamente superiore ad ogni attesa. Il premio finale è la partecipazione definitiva alla gioia del Signore. È significativo che questo brano evangelico ci sia offerto mentre volge al termine l'anno liturgico. Una tappa che ci ricorda un adempimento e un compimento, che ci induce a fare un bilancio del tempo e della vita, in attesa di quello finale. Non possiamo lasciarci condizionare dalla paura che è sempre una cattiva consigliera. Non ci è lecito mettere sotterra il prezioso talento. Non dovremmo mai arrivare all'assurdo di incolpare il Donatore del mancato frutto dei nostri doni: "A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più". Potremmo essere privati del nostro talento perché non ha senso lasciarlo nelle mani di chi non si è dimostrato capace di farlo fruttificare a dovere. Ecco perché il Signore ci ripete: "Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha". È opportuno infine ricordarci in che direzione dobbiamo indirizzare la nostra operosità: "Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano".
L'Abba Pastor disse: Allontanati da ogni uomo che quando discorre polemizza continuamente.
SE IL MONACO PUÒ RICEVERE LETTERE O ALTRE COSE Non sia assolutamente permesso al monaco ricevere, senza il consenso dell'abate, lettere, pii regali o qualunque altro benché piccolo oggetto, sia da parte dei parenti che di qualsiasi altra persona, né di mandarli loro e neppure di scambiarseli tra i fratelli. E anche se dai suoi parenti gli viene inviata qualche cosa, non ardisca accettarla senza averne prima avvisato l'abate. Se l'abate poi darà il permesso di accettarla, abbia piena facoltà di destinarla a chi vuole; e non si rattristi di ciò il fratello a cui la cosa era stata inviata, per non dare occasione al diavolo. Chi oserà agire diversamente, sia sottoposto alla disciplina regolare.