Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
02 - 08 Agosto 2020
Tempo Ordinario XVIII, Colore verde
Lezionario: Ciclo A | Anno II, Salterio: sett. 2

Commento alle Letture

Mercoledì 05 agosto 2020

La donna cananea.

"Uscendo di là": dobbiamo intendere che Gesù lascia la scena precedente a Genesaret, ove aveva avuto luogo la disputa con i farisei venuti da Gerusalemme. Si ritira, dice Matteo, che con questo segnala non un puro spostamento ma all'avvertenza di un pericolo, un'intenzione di nascondimento. "Verso le regioni di Tiro e di Sidone", ossia verso un territorio fenicio, pagano [...…]. Ciononostante l'indicazione geografica rimane molto generica: è descritto un movimento in direzione di Tiro e Sidone, ma non è detto che Gesù raggiunga tali città. Al contrario, si dice che la donna era "uscita da quei confini". Gesù e la donna si incontrano, per così dire, a metà strada tra la terra di Israele e territorio cananeo, cioè pagano: entrambi sono accomunati da un movimento di uscita. [...…] Gesù si è ritirato, sì, ma si trova tuttora in terra di Israele, e non ha nessuna intenzione di varcarne la frontiera: al contrario, non si sente inviato che alla casa di Israele, alle sue pecore perdute. È la donna, perciò, che prende l'iniziativa, che gli va incontro e lo riconosce subito come il Messia, il "Figlio di David". Questo ci ricorda il programma davidico-messianico di assicurare a tutti i figli di Israele una pagnotta per ciascuno (2Sam 6, 19). Garantire il pane equivale a dare la vita. La donna chiede la guarigione – la vita – per sua figlia. Gesù non le risponde neppure una parola, con un atteggiamento di estrema severità, si direbbe quasi insensibile. Sono i discepoli in questo racconto a sembrare più umani, a pregare Gesù che almeno le dica almeno una parola di congedo. A questo punto viene la dichiarazione programmatica del v. 24: Gesù non vuole interessarsi dei pagani, non si ritiene inviato a loro. Ma la donna insiste e Gesù questa volta le risponde, però sempre in maniera negativa: non si può gettare ai cani il pane destinato ai figli. […...] La donna accetta questa prospettiva di esclusa, di non avente diritto: "È vero, Signore". Ma con una finezza che rivela un grande intuito di fede (un grande intuito del cuore di Gesù) si dichiara disposta – proprio come i cagnolini– a mangiare anche solo le briciole. Le briciole, ossia non tutto, ma solo il di più, quello che avanza, che rimane non consumato dai convitati, che cade a terra dalla tavola. E noi ci ricordiamo che, già nella prima moltiplicazione dei pani, non solo erano stati sfamati tutti i presenti, ma erano state raccolte dodici ceste piene di pezzi avanzati. Quello che la donna Cananea percepisce, lo ripeto, con grande intuito, è che al banchetto del regno il pane non è contato: ce n'è in sovrabbondanza per tutti, e nessuno corre il rischio di rimanerne senza. Questo, ovviamente, lo sa bene anche il Signore. Il suo atteggiamento non è quindi governato da una riserva, dal timore che il pane possa non bastare per tutti: egli è mosso piuttosto dall'obbedienza a certi tempi, a certi momenti che sono iscritti nel sapiente disegno del Padre. Ma l'intuizione della donna, forse, chiarisce a Gesù stesso che i tempi si stanno avvicinando, quando anche i cagnolini saranno ammessi nella sala del banchetto. Per questo egli elogia la sua fede, la fede di chi sa accontentarsi delle briciole e a cui invece il Signore dà il pane. (da A. MELLO, Evangelo secondo Matteo, Qiqajon 1995, 282-284).


Apoftegmi - Detti dei Padri

"L'abba Poimen disse: 'Quando medito, tre misteri si presentano ai miei occhi: che è cosa buona pregare senza sosta in ogni tempo davanti al Signore; porre la mia morte sotto il mio sguardo, ogni momento; e pensare che quando morrò sarò gettato nel fuoco a causa dei miei peccati'" Ma Dio mi sarà misericordioso.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'OBBEDIENZA DEI DISCEPOLI

Perciò tali monaci, lasciando immediatamente le loro cose e rinunziando alla propria volontà, liberate subito le mani e lasciando incompiuto quanto stavano facendo, con piede pronto all'obbedienza, adempiono con i fatti la voce di chi comanda. E così tutte e due le cose, cioè l'ordine del maestro e la perfetta esecuzione del discepolo, si compiono insieme, prestissimo, quasi in uno stesso momento, con quella velocità ispirata dal timor di Dio: è l'anelito di camminare verso la vita eterna che li incalza. Perciò essi intraprendono la via stretta di cui il Signore dice: «Angusta è la via che conduce alla vita» (Mt 7,14); di modo che, non vivendo a proprio arbitrio e non regolandosi secondo i propri gusti e le proprie voglie, ma lasciandosi guidare dal giudizio e dal comando altrui, rimanendo stabili nel monastero, desiderano che un abate li governi. Senza dubbio uomini simili fanno proprio quel detto del Signore: «Non sono venuto a fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38).

Cap.5,7-13.