Anche tra gli scribi, nemici dichiarati del Cristo, si trova qualcuno che, con fiducia, ne riconosce invece l'autorità e la sapienza. Uno di loro si rivolge oggi con sincerità al Signore per interrogarlo su qualcosa, che evidentemente gli stava particolarmente a cuore. Come esperto della scrittura sacra, egli conosceva le Leggi, ne aveva individuato il valore, ma forse gli riusciva difficile districarsi in quel labirinto, che nel corso dei tempi, fino ai suoi giorni, si era venuto formando, fino a rendere davvero difficoltoso stabilirne una ragionevole gerarchia. È pertinente perciò la domanda ed è ancora attuale per molti di noi: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Ci piace andare all'essenziale e conoscerlo con sicurezza. Gesù risponde citando il Deuteronòmio: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi». È da sottolineare proprio l'inizio del grande comandamento: "Ascolta!". E' il punto indispensabile di partenza per comprendere e mettere in pratica tutto il resto. L'ascolto è l'apertura del cuore, la disponibilità ad accogliere, la voglia di conoscere la verità da una fonte sicura. Oggi viviamo nel frastuono e nei rumori, che rischiano di assordarci le orecchie e il cuore. Abbiamo urgente bisogno di silenzio per ascoltare il Dio che ci parla, ma anche per recuperare il dialogo con Lui e tra d noi. Sembra esagerato affermare che stiamo mortificando l'amore a Dio e al nostro prossimo proprio perché una forma cronica di sordità e di conseguente mutismo ci chiude nella peggiore solitudine e in un'avvilente egoismo. È una vera e propria aggressione da cui dobbiamo imparare a difenderci, recuperando spazi di silenzio e una rinnovata attenzione a Colui che con infinito amore vuole dialogare con noi per ridarci il suo amore e renderci a nostra volta capaci di amore.
L'abate Iperechio ha detto: «Abbi sempre nello spirito il Regno dei Cieli, e presto l'avrai in eredità».
COME DEVONO DORMIRE I MONACI Ciascuno dorma in un letto a sé. L'arredamento del letto lo ricevano ognuno secondo il grado di fervore di vita monastica, a giudizio dell'abate. Se sarà possibile, dormano tutti in uno stesso locale; se invece il numero rilevante non lo permette, dormano a gruppi di dieci o di venti insieme ai loro decani che vigilino su di loro. Nel dormitorio rimanga sempre accesa una lucerna fino al mattino. I monaci dormano vestiti e con i fianchi cinti di semplici corde o funicelle, in modo da non avere a lato i propri coltelli, perché non abbiano a ferirsi inavvertitamente durante il sonno, e in modo da essere sempre pronti, cosicché appena dato il segnale si alzino senza indugio e si affrettino a prevenirsi l'un l'altro all'Opus Dei, sempre però in tutta gravità e modestia. I fratelli più giovani non abbiano i letti l'uno vicino all'altro, ma alternati con quelli degli anziani. Quando poi si alzano per l'Opus Dei si esortino a vicenda delicatamente, per togliere ogni scusa ai sonnolenti.