Il senso dell'ospitalità era ed è molto sviluppato nelle culture orientali, come ci viene confermato dalla Bibbia e dai brani proposti alla nostra considerazione in questa domenica. La mancanza di tante strutture alberghiere voleva che il pellegrino si affidasse al buon cuore della gente. La nostra civiltà complicata rende difficile questa accoglienza a differenza del mondo orientale dove la semplicità della vita la favorisce. San Benedetto dedica il capitolo 55 per dare norme circa il modo di accogliere i pellegrini che nel monastero non mancano mai. Concetto fondamentale di fede: nel pellegrino si riceve Cristo stesso. Così fa Abramo che nei tre misteriosi personaggi riceve la vista dell'Eterno, dal quale, anche come premio della sua premura, viene comunicato il tempo dell'adempimento della promessa: avrai un figlio. Gesù è ospite in casa di Lazzaro, Marta e Maria. La gioia dell'accoglienza viene alquanto turbata dai diversi atteggiamenti delle due sorelle. Maria si gode la parola del Signore rimenando estatica ai suoi piedi, mentre Marta deve provvedere alle necessità dell'ospitalità. Il suo lamento indica un turbamento interiore dovuto a impazienza dinanzi alle tante cose da preparare: non si deve provvedere solo a Gesù, ma anche ai suoi apostoli che certo non soffrono di inappetenza. Il lamento di Marta trova Gesù solidale con Maria: E' necessario preparare ciò che è necessario per la vita, ma è più necessario ascoltare la parola di Dio per dare un senso alla stessa attività umana. Il Signore certamente non vuole mettere in contrasto due generi di vita: la contemplazione cioé e l'azione. Vuole richiamare alla necessità dell'ascolto della parola a chi è nell'azione apostolica, o nel lavoro, senza dispensare dal lavoro chi si dedica alla contemplazione. Ai suoi discepoli San Benedetto scandisce chiaramente il tempo da dedicare alla preghiera e alla lectio divina (meditazione) e quello al lavoro manuale o intellettuale. Parlando a sacerdoti, il papa Benedetto XVI diceva che la "lectio divina" per chi si dedica alla lavoro pastorale non è una attività facoltativa... E' esigenza e condizione per vivere fedelmente la propria vocazione e rendere fruttuoso il lavoro apostolico. In fatto di ospitalità oggi la nostra società deve interrogarsi. E papa Francesco qualche giorno fa ha posto diverse domande precise... Quale comportamento dinanzi a tanta povertà, dinanzi a tanti stranieri? Chiuderci in noi stessi dal momento che ci sentiamo sazi, oppure accogliere il povero, come verrebbe accolto Cristo? La Parola di Dio ci spinge a considerare il problema alla luce del Vangelo: ciò che avrete fatto a uno dei miei più piccoli, l'avrete fatto a Me! Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero perseguitato e MI! avete...
Un fratello chiese ad abba Arsenio di dirgli una parola. E l'anziano gli disse: "Lotta con tutte le tue forze perché il lavoro che fai dentro di te sia secondo Dio e così vincerai le passioni di fuori"
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE L'abate ricordi sempre ciò che è, ricordi come viene chiamato e sappia che a chi è stato affidato molto sarà richiesto molto di più (cf. Lc 12,48). Si renda conto di quanto sia difficile e arduo l'incarico che si è assunto, quello di guidare le anime e di mettersi al servizio della diversa indole di molti, dovendo trattare uno con la dolcezza, un altro con i rimproveri, un altro ancora con la persuasione; e, secondo il temperamento e il grado di intelligenza di ciascuno, egli si adatti e conformi a tutti, in modo che non solo non abbia a subire perdite nel gregge a lui affidato, ma anzi possa rallegrarsi dell'incremento del buon gregge.