La nostra disordinata natura è incline a giudicare gli altri, e il nostro giudizio spesso va oltre ad una semplice constatazione. E' una vera condanna. Ci si arroga un diritto che non ci compete; appartiene solo a Dio. Il Padre stesso lascia questo potere al Figlio. Ma chi di noi non ha sentito dalle stesse labbra di Gesù: "Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvarlo? Se accogliamo ed ascoltiamo Gesù, saremo i primi ad entrare in quella salvezza che lui è venuto a donarci. "Non giudicate, per non essere giudicati"... e, come chiarimento, "Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo?" Il Signore coglie nel vivo una difformità profonda che l'uomo si porta dentro e che tende a rendere alquanto difficili i rapporti umano. Gesù non dice affatto di eliminare ogni tipo di correzione fraterna, è lui stesso, che in un'altra occasione ci consiglia di correggerci a vicenda. "Non ci proibisce di giudicare, ma ci insegna come farlo", dice san Girolamo. Innanzitutto ci comanda: "togli prima, la trave dal tuo occhio", disponi cioè il tuo occhio alla benevolenza, al vero bene dell'altro. Saremo capaci così di non caricarci di un sentimento di estraneità, poiché su gli altri giochiamo il nostro futuro destino. Comunque permane sempre come sottofondo la paternità di Dio, che attende il ritorno del figliol prodigo. Intanto nella sua "eterna misericordia", ci prepara al suo incontro, quotidiano e a quello definitivo, suggerendoci questo saggio comportamento: "Con la misura con la quale misurate, sarete misurati".
Disse: "quanto più gli atleti fanno progressi, tanto più è forte l'avversario che attacca".
IN MONASTERO NESSUNO ARDISCA DIFENDERE UN ALTRO Bisogna assolutamente evitare che nel monastero un monaco ardisca difendere un altro o quasi proteggerlo per qualsiasi motivo, anche se fossero uniti da un qualche vincolo di parentela. In nessun modo i monaci osino far questo, perché ne può nascere gravissima occasione di scandalo. Chi trasgredisce questa norma, sia punito molto severamente.