Cerchiamo di interpretare pressappoco questo misterioso andare e venire di Gesù, ossia dopo un breve spazio di tempo, i giorni della sua passione, "ancora un poco", e quindi la sua morte, che lo toglierà agli occhi dei suoi discepoli per "un altro poco", in seguito, i tre giorni fino alla risurrezione, la quale lo restituirà alla presenza dei suoi, mediante le apparizioni "per un altro poco". C'è di più. Qui avviene un altro importante passaggio relazionale da tener presente. La risurrezione, e più ancora l'ascensione lo restituirà ad un tipo nuovo di visione e di esperienza: la visione della fede, la quale non consiste in un puro sguardo interiore, ma in un cogliere la realtà soprannaturale del Verbo da divenire contemplazione. Come si espresse il diacono Stefano davanti al sinedrio: "Contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio". Nel brano odierno si dice: "Gesù conobbe che volevano interrogarlo e disse loro: in verità vi dico: voi piangerete e il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia". A questa lugubre allegria mondana, faranno riscontro il pianto e la tristezza dei discepoli. Ma le cose non finiranno qui, perché Dio sta preparando un evento imprevedibile, che al suo manifestarsi trasformerà in gioia l'afflizione dei discepoli. Viene qui enunciato l'evento della risurrezione che costituisce la vera e sconvolgente novità del cristiano, che tuttavia si deve riportare continuamente la fede della Chiesa. Nel "mistero pasquale del Signore" non ci sono due momenti successivi: prima la morte inflitta con violenza, seguita poi dalla risurrezione. Gesù è glorificato e proclamato Signore e Messia proprio perché ha accettato di passare attraverso la croce dolorosa, mostrando fedeltà al Padre e solidarietà con i fratelli. Anche in noi, se saremo suoi discepoli, i due elementi si completeranno: la prova e la gioia dell'essere con Cristo. L'evangelista Giovanni afferma: "Siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli".
L'Abba Pastor disse: Se una cassa piena di abiti viene abbandonata per lungo tempo, gli abiti contenuti in essa marciscono; così sono anche i pensieri nel nostro cuore. Se non li metteremo in atto concretamente, nel tempo si deformeranno e marciranno.
L'ORATORIO DEL MONASTERO L'oratorio deve essere ciò che il suo nome significa; null'altro perciò vi si faccia o vi si deponga. Terminato l'Ufficio divino, tutti escano nel più assoluto silenzio con gran rispetto a Dio; di modo che se un fratello volesse continuare a pregare da solo, non ne sia impedito dall'altrui importunità. Ma anche in altri momenti, se qualcuno desidera pregare in segreto da solo, entri semplicemente e preghi, non a voce alta ma con lacrime e fervore di cuore. Perciò, a chi non si comporta in questo modo non sia permesso rimanere nell'oratorio quando è terminato l'Ufficio divino, come abbiamo detto, perché gli altri non siano disturbati.