Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
15 - 21 Aprile 2018
Tempo di Pasqua III, Colore bianco
Lezionario: Ciclo B, Salterio: sett. 3

Commento alle Letture

Sabato 21 aprile 2018

Un linguaggio duro.

Che dinanzi al discorso del Pane di vita entrassero in crisi i giudei, dichiarati nemici di Cristo, potrebbe anche risultare comprensibile, anche se sempre colma di amarezza il rifiuto di un dono dato con immenso amore. Oggi Gesù sperimenta il mormorìo esteriore ed interiore dei suoi discepoli: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». Egli interviene ancora per cercare di illuminare le loro menti: «È lo Spirito che dá la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita». Non si tratta quindi di cannibalismo, ma di assumere, nel pane e nel vino lo Spirito che dà vita, la divinità, l'amore, la santa energia che ci rigenera. Se si rimane ancorati alla fisicità della carne e del sangue e non si è capaci di trascendere con la luce della fede per vederne i valori reconditi, l'eucaristia non può essere compresa. Nei segni sacramentali noi scorgiamo la pienezza dell'amore di Dio, che non è più solo dichiarato ed offerto con la verità delle sue parole, ma nella carne e nel sangue del figlio suo, immolato per noi e per tutti, per la remissione dei peccati. Soltanto l'esperienza ci può convincere della sublimità del dono e solo quando sentiamo realmente Cristo in noi diventiamo capaci di squarciare i veli del mistero eucaristico. Molti dei suoi discepoli però abbandonano Gesù: la sua dottrina non è più accessibile alle loro menti, la sua stessa credibilità viene messa in gioco. Rimangono i Dodici, ma anche a loro il Signore, chi sa con quanta sofferenza, deve rivolgere un interrogativo: «Forse anche voi volete andarvene?». Queste parole, che risuonano come il flebile lamento dell'amore incompreso, denunciano tutti gli abbandoni e tutte le assenze che, nel corso dei secoli, i "suoi" avrebbero fatto nei confronti della sua mensa divina. È l'amara delusione dello sposo che non vede arrivare gli invitati al banchetto delle sue nozze, che non vede entrare nella sua Chiesa coloro che si professano cristiani; rimangono fuori, digiuni e affamati. È sicuramente consolante per Cristo la confessione di Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio»; in questo contesto però, e non a caso, Gesù ricorda agli apostoli il privilegio per essere stati scelti da lui, ma denuncia anche il tradimento di uno di loro. Può capitare che il primo assente dalla mensa sia proprio il celebrante! Speriamo non sia mai...


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un fratello interrogò un anziano: «Che fare? Una moltitudine di pensieri mi fa guerra e non so come resistere». Disse l'anziano: «Non lottare mai contro tutti, ma contro uno solo. Poiché tutti i pensieri degli uomini hanno una testa sola. Bisogna dunque esaminare quale sia realmente quell'unico pensiero e quale la sua natura, poi lottare contro di esso. Allora tutti gli altri pensieri perderanno la loro forza».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUELLI CHE GIUNGONO TARDI ALL'UFFICIO DIVINO O ALLA MENSA

Quando è l'ora dell'Ufficio divino, appena si sente il segnale, si lasci subito quanto si ha tra le mani e si corra con la massima sollecitudine, ma sempre con gravità, per non dare adito alla leggerezza. Nulla quindi si anteponga all'Opera di Dio. Se qualcuno alle Vigilie notturne arriverà dopo il Gloria del salmo 94 - che appunto per questo vogliamo sia detto in modo molto pacato e lento - non occupi in coro il posto suo, ma se ne stia all'ultimo oppure in disparte, in un posto che l'abate avrà destinato proprio per tali ritardatari, in modo che sia visto da lui e da tutti, fino a che, terminato l'Ufficio divino, dia soddisfazione con una pubblica penitenza.

Cap.43,1-6.