Non basta porgere l’altra guancia del vangelo di ieri, vestire l’ignudo con il proprio mantello, essere costretti a percorrere la stessa strada del nemico; il Signore ci chiede ancora molto di più. Non basta neanche l’adempimento del comandamento dell’amore che ci suggerisce di amarci gli uni gli altri. Gesù vuole, come egli stesso ha fatto dall’alto della croce, nel momento del suo supremo martirio, che diventiamo capaci di amore anche verso i nemici, e anche di pregare per i nostri persecutori. Viene così sconvolta ogni logica umana, viene capovolto anche il comune senso di giustizia, che tanto fàscino esercita sull’uomo, fermo nella sua mìope razionalità. La lezione della croce viene portata alle sue estreme conseguenze e non solo perché da quella croce è stato gridato il perdono ai crocifissori e Gesù ha fatto udire la sua preghiera per loro, ma ancor più perché tutto il sacrificio di Cristo era indirizzato ai nemici, ai peccatori, ai carnefici di ogni epoca. Per questo Gesù, insegnandoci a pregare ci fa dire più e più volte: “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
L'abba disse: "non vi è virtù così grande come il non disprezzare".
I PORTINAI DEL MONASTERO Alla porta del monastero sia posto un fratello anziano saggio, capace di ricevere e dare una risposta e la cui età avanzata non gli permetta di andar vagando qua e là. Il portinaio deve avere la sua cella vicino alla porta, perché chi arriva al monastero trovi sempre uno pronto a dare una risposta. E appena qualcuno bussa o un povero chiama, egli dica subito Deo gratias oppure Benedic; e con tutta la dolcezza suggerita dal timor di Dio dia la risposta prontamente con fervore di carità. Se il portinaio ha bisogno di aiuto, gli si dia un fratello più giovane.