Gesù, che è la Fonte d’acqua viva, chiede da bere ad una donna che era lontano da Dio e lo chiede anche a noi oggi: a te e a me. E anche sulla Croce egli ha sofferto l’arsura della sete: “Sitio! Ho sete!”. Madre Teresa di Calcutta, ha fatto scrivere, sotto il Crocifisso, sul muro della cappella dove ella ogni giorno amava fare l’adorazione eucaristica, inginocchiata per terra, questa Parola santa di Gesù: “Sitio, ho sete!”. Oggi il Vangelo ci chiama dunque a dar da bere a Gesù. Egli ha sete negli assetati, nei poveri, negli affamati, negli emigrati, nei senza tetto. Ha sete in coloro che soffrono soli, in coloro che non hanno pace dentro l’anima, in quelli che non hanno ancora assaporato l’amore di Dio e che si vantano pure di essere atei e credono di essere dio di sé stessi. Gesù sente la sete ardente delle anime che si sono allontanate da Dio. Infatti l’anima, per sua natura, anela a Dio, ha sete di Dio, e senza di Lui non può vivere perché solo Dio è la Fonte della vita, ed è la sorgente viva dell’Amore. Gesù sente questa nostra sete e vuole dissetarci, ed è per questo che Egli è disceso sulla terra; ma per farlo è necessario che ci rivolgiamo a Lui con fede, con desiderio e con sete, e allora Egli può dissetarci della vita vera, dell’amore vero, quello eterno, che è la vita e l’amore di Dio. Gesù ha sete della nostra salvezza, ed è per questo che Egli si è fatto Uomo, ed è morto per noi sulla Croce. Egli ha sete d’amore, del nostro amore! Egli infatti è lo Sposo, e lo Sposo va amato: va desiderato, pensato, accolto e servito fino all’adorazione totale di tutto noi stessi. Ma purtroppo invece rimane così solo nei tabernacoli delle chiese vuote, o negli abbandonati e perfino bruciati durante il sonno... Nel vangelo oggi vediamo che Gesù, arrivato in Samaria, era affaticato per il viaggio, e si stava riposando un po’, seduto presso il pozzo di Giacobbe. Era circa mezzogiorno. Giunse una donna samaritana, una straniera ad attingere acqua, e le chiese: “Dammi da bere!”. E ancora: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ‘dammi da bere!’, tu stessa gliene avresti chiesto ed Egli ti avrebbe dato Acqua viva”. Ecco, anche noi, adesso, vogliamo gridare a Gesù, come veri assetati: “Signore, dammi di quest’Acqua!”. E’ Lui la Sorgente d’Acqua pura! Egli è la Sorgente viva della Grazia, che è la Vita stessa di Dio che viene effusa nei nostri cuori, nella potenza dello Spirito Santo, tramite i Sacramenti della Chiesa. Gesù è Vivo ed opera miracoli tramite i Sacramenti che Egli stesso ha voluto istituire per rimanere ed operare il mezzo a noi, fino alla fine del mondo. Oggi sono tanti li assetati, gli insoddisfatti, i depressi, e muoiono di sete per le strade di questo mondo, cosiddetto moderno. Hanno una sete esistenziale, profonda, quella del cuore, quella dell’anima: hanno sete di luce, d’amore puro. E sappiamo che l’Amore vero è Dio, è Gesù Cristo! Diamo loro da bere, fratelli miei, diamo loro da bere! Portandoli a Lui, disseteremo Gesù, e anche noi ci sentiremo dissetati, appagati nell’anima. Infatti così scriveva Sant’Agostino, ai suoi tempi, nelle sue ‘Confessioni’: “Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode. Ci hai fatto per te e il nostro cuore non ha sosta, finché non riposa in te”.
Un anziano ha detto: «Quanto uno si sarà reso folle per il Signore, altrettanto il Signore lo renderà saggio».
QUALI DEVONO ESSERE I DECANI DEL MONASTERO Se la comunità è piuttosto numerosa, si scelgano tra i fratelli alcuni di buona reputazione e di santa vita e si costituiscano decani. Essi abbiano cura delle loro decanìe in tutto, secondo i comandamenti di Dio e le direttive dell'abate. Siano scelti a decani quei monaci con cui l'abate possa in tutta fiducia condividere i suoi pesi; e non si scelgano in ordine di anzianità, ma secondo la santità della vita e il grado di dottrina spirituale. Se però tra questi decani qualcuno, montato eventualmente in superbia, venisse trovato degno di biasimo, lo si ammonisca una prima, una seconda e anche una terza volta; se non si corregge, sia rimosso dall'ufficio e al suo posto subentri un altro che ne sia degno. 7La stessa cosa stabiliamo per il priore.